I segnali LTE negli impianti di ricezione DTT possono causare l’intermodulazione dell’amplificatore di testa, con conseguenti disturbi su tutti i canali TV. I risultati riportati in questo articolo derivano da simulazioni e misure sperimentali realizzate presso il Centro Ricerche e Innovazione Tecnologica della Rai.
La
porzione della banda UHF tra 790 e 862 MHz (detta brevemente banda 800
MHz) è stata sottratta al broadcasting televisivo a favore dei servizi
di telefonia mobile a standard LTE, il cosiddetto 4G, recependo una
delibera della Conferenza Mondiale sulle Radiocomunicazioni (WRC-07). La
coesistenza di servizi broadcast e cellulari in bande di frequenza
adiacenti, con diverse aree di copertura e potenze emesse, potrebbe
generare problemi alla ricezione dei segnali televisivi. Se una BTS 4G
(stazione radiobase LTE) è installata a breve distanza, le zone
particolarmente critiche sono situate ai limiti dell’area di copertura
dei trasmettitori DTT (DVB-T o DVB-T2). Infatti, i sintonizzatori dei
televisori potrebbero risentire di un’eccessiva potenza interferente
(‘in-band’ o ‘out-of-band’) generata dal segnale 4G; inoltre, nel caso
di ricezione mediante impianti centralizzati d’antenna, si evidenzia il
rischio d’intermodulazione dell’amplificatore a larga banda del
centralino, con conseguenti disturbi su tutti i canali della banda UHF. È
quindi importante studiare a fondo le problematiche che potrebbero
sorgere nella ricezione televisiva domestica e individuare possibili
tecniche di mitigazione.
In quest’ottica sono stati avviati numerosi studi a livello
internazionale: tra questi ricordiamo i lavori ad opera del CEPT
(Conférence Européenne des Postes et des Télécommunications), dell’EBU
(European Broadcasting Union) e del Consorzio DVB.
In particolare, i risultati riportati in questo articolo derivano da
simulazioni e misure sperimentali realizzate presso il Centro Ricerche e
Innovazione Tecnologica della Rai nell’ambito delle attività promosse
dal DVB.
UHF: broadcast e 4G
Con l’assegnazione della banda 800 MHz ai servizi 4G a standard LTE, la banda UHF dedicata ai servizi broadcast viene limitata alle frequenze tra 470 e 790 MHz (canali 21 ÷ 60) e ridotta così di 9 canali televisivi. I 72 MHz residui, destinati ai servizi LTE, sono stati allocati in Europa secondo il sistema FDD, come riportato in Figura 1.
La banda per canale LTE è di 5+5 MHz, o multipli; la banda LTE complessiva è pari a 30+30 MHz.
La banda di guardia tra i canali broadcast e i canali LTE downlink è di solo 1 MHz.
Si nota che i canali in uplink sono a frequenze più lontane rispetto ai canali broadcast, per ridurre l’interferenza a livello domestico.
In Italia sono state assegnate 3 licenze FDD (2×10 MHz ciascuna).
È previsto che i livelli massimi di EIRP dei segnali LTE emessi dalle BTS (downlink) e dai terminali mobili (uplink) siano indicati dalle singole amministrazioni, in accordo comunque con le raccomandazioni emesse dal CEPT, che prevedono di non superare i valori seguenti:
– 56 ÷ 64 dBm su 5 MHz oppure 59 ÷ 67 dBm su 10 MHz) in downlink.
Ad esempio, nelle licenze assegnate in Germania è previsto un massimo valore di EIRP in downlink (su 5 MHz) di 56 dBm in ambiente urbano e di 64 dBm in ambiente rurale;
– 23 dBm in uplink.
L’utilizzo di antenne esterne da parte dell’utente potrebbe aumentare questo valore (guadagno tipico: 9 dBi per antenne direttive, 5 dBi per antenne non direttive).
Possibili tecniche di mitigazione
I primi
test di laboratorio effettuati a livello internazionale, utili per
valutare il comportamento dei ricevitori DVB-T e DVB-T2 commerciali in
presenza di segnali LTE, hanno dimostrato che i disturbi possono essere
piuttosto critici sui canali alle frequenze più elevate, e in
particolare sul canale 60. Ciò è causato da due fattori: la limitata
separazione in frequenza rispetto alla banda assegnata ai segnali LTE e
la ridotta selettività del tuner del ricevitore DVB-T/T2.
Quando la schermatura dei cavi e dei componenti dell’impianto di
distribuzione non è sufficiente anche i segnali LTE in uplink,
attraverso il terminale mobile d’utente all’interno della stessa
abitazione, possono generare interferenze.
Per ridurre gli effetti dell’interferenza dei segnali LTE sui
segnali DTT è quindi necessario prevedere tecniche di mitigazione,
eventualmente da applicarsi in combinazione tra loro. Queste tecniche,
che hanno nel loro complesso costi piuttosto elevati, ricadono sotto la
responsabilità di diversi attori della catena trasmissiva (operatori di
telefonia mobile, broadcaster, costruttori di apparati, costruttori di
ricevitori DVB T/T2, utenti finali):
– Riduzione della potenza trasmissiva del primo canale LTE: questo
consente un migliore C/I (Carrier to Interference Ratio) sul canale DTT
adiacente;
– Filtraggio particolarmente selettivo presso la BTS del segnale
LTE: questo riduce le emissioni fuori banda con benefici sul canale DTT
adiacente;
– Cross-polarizzazione: trasmettendo i segnali DTT e LTE con
diagrammi d’irradiazione tra loro perpendicolari, il segnale
interferente viene ricevuto in antenna, attenuato di circa 10÷14 dB. Va
però osservato che, per motivi di spazio, le BTS utilizzano generalmente
una polarizzazione ±45° (TX diversity): l’attenuazione dovuta alla
cross-polarizzazione in questo caso è pari a circa 3 dB. La
discriminazione di polarizzazione è efficace soltanto nella regione di
‘far field’, ovvero a distanze superiori a 2D²/? (dove D è la dimensione
complessiva della sorgente e ? è la lunghezza d’onda), mentre a
distanze inferiori sono ancora presenti le componenti di campo vicino.
In particolare, ponendo D = 2 m, il ‘far field’ nella banda 800 MHz
corrisponde a distanze superiori a circa 21 m. Ciò significa che questa
tecnica di mitigazione non è comunque efficace per le antenne riceventi
poste sullo stesso tetto della BTS LTE;
– Gap filler DVB-T/T2 (on-channel repeater) installati presso gli
stessi siti delle BTS, per ridurre la differenza di livello tra segnali
DTT e LTE, ma con notevoli investimenti economici per i broadcaster.
Inoltre, l’introduzione di gap filler richiederebbe l’intervento sugli
impianti riceventi: diverso orientamento delle antenne, regolazione dei
livelli, ecc.;
– Spostamento o diverso orientamento dell’antenna ricevente;
– Filtri ‘in-line’, capaci di attenuare quanto possibile i segnali
LTE, ma con ridotta perdita d’inserzione alle frequenze fino a 790 MHz.
Tra le varie ipotesi è prevista la realizzazione di diverse tipologie di
filtro, con diverse frequenze di taglio a seconda che il canale 60 sia
utilizzato in una specifica area oppure no. I filtri ‘in-line’ possono
essere di diversi tipi:
* Esterni, che l’utente stesso può collegare all’ingresso del ricevitore DVB T/T2;
* Integrati nei ricevitori di nuova produzione. In questo caso si
avrebbe lo svantaggio di non poter scegliere il tipo di filtro più
adatto per la specifica condizione di ricezione;
* Filtri semi-professionali, destinati agli impianti di distribuzione condominiali;
– Sostituzione del centralino a larga banda con un centralino canalizzato, basato cioè su filtri di canale.
L’intermodulazione degli amplificatori
I
segnali LTE saranno trasmessi in una banda attualmente occupata da
servizi DTT, pertanto gli amplificatori esistenti, di banda passante
470÷862 MHz, li amplificheranno insieme ai segnali utili. Se la BTS
(stazione radiobase) è molto vicina, la potenza dei segnali LTE ricevuti
dall’antenna dell’impianto centralizzato potrebbe essere molto più
elevata rispetto a quella dei segnali DTT, causando la saturazione
dell’amplificatore (Figura 2). Gli stessi rischi d’intermodulazione
possono colpire anche impianti singoli che utilizzino amplificatori da
palo o intermedi. Questo scenario è stato valutato mediante simulazioni
software e misure sperimentali di laboratorio, allo scopo di dare una
prima risposta alle seguenti domande:
• Quale può essere l’impatto dei segnali LTE sull’intermodulazione degli amplificatori?
• Quali sono i canali più penalizzati? Sono penalizzati solo i
canali più vicini ai segnali LTE o può essere penalizzata l’intera banda
UHF?
• Gli effetti possono essere sufficientemente mitigati mediante un
filtro ‘in-line’ condominiale, posto a monte dell’amplificatore?
Lo scenario simulato
Lo
scenario descritto è stato analizzato mediante un simulatore software
in grado di valutare, canale per canale, la potenza dei prodotti
d’intermodulazione generati dall’insieme dei segnali d’ingresso (DTT e
LTE).
Nel caso in esame, è stata considerata una situazione ritenuta
tipica (e non eccessivamente pessimistica) di ricezione DTT ai bordi
dell’area di ricezione e in presenza di una BTS LTE piuttosto vicina e
nella stessa direzione dei siti trasmittenti DVB-T/T2. È stato
modellizzato un amplificatore a larga banda UHF commerciale, con le
caratteristiche tecniche riportate nella Tabella 1.
Come condizione di partenza, si ipotizza che l’amplificatore sia
stato regolato dall’installatore prima dell’introduzione dei segnali
LTE. Il livello d’uscita nominale dell’amplificatore specificato sui
cataloghi, riportato in Tabella 1, è relativo a due soli segnali
d’ingresso: se sono presenti più di due segnali, questo livello deve
essere ridotto in modo opportuno.
In questo esempio si è supposto di distribuire 40 canali (valore
coerente con la situazione in Italia nelle aree densamente popolate) e
si è adottato un margine di 3 dB: di conseguenza, la riduzione rispetto
al livello nominale risulta di 14,9 dB e il livello di potenza d’uscita
dei segnali DVB-T/T2 è di 97,1 dBµV, pari a 11,7 dBm (inizialmente, si
ipotizza che tutti i segnali siano ricevuti con lo stesso livello). Il
guadagno effettivo dell’amplificatore dopo la riduzione applicata è di
25 dB: ne consegue che il livello dei segnali DTT ricevuti in antenna
sia di -36,7 dBm, pari a 72,1 dBµV.
Lo scenario simulato prevede che i segnali DTT siano inviati
all’amplificatore insieme ad un certo numero di segnali LTE. I livelli
dei segnali LTE in downlink e in uplink ricevuti dall’antenna TV sono
stati impostati in accordo con la Tabella 2, evitando quindi casi
estremi più pessimistici. Si noti che è stata considerata la presenza di
una sola BTS LTE: in un caso generale, queste BTS saranno distribuite
sul territorio con una certa densità, cumulando i contributi
interferenti.
Confrontando questi valori di segnale ricevuto con quelli dei
segnali DTT, si ricava un valore di C/I (inteso come rapporto tra il
livello del segnale DVB-T/T2 e il livello del segnale LTE su altra
frequenza) di -31,7 dB per segnali LTE downlink e di -3,7 dB per segnali
LTE uplink. In casi più sfavorevoli (ai limiti dell’area di copertura
DTT), il C/I rispetto a segnali LTE down link può arrivare a circa -72
dB.
Il simulatore rappresenta ciascuno dei segnali digitali, DTT o LTE,
come un insieme di N portanti equispaziate (in questo caso si è scelto N
pari a 10), distribuite all’interno della propria banda (8 MHz per
segnali DTT, 5 MHz per segnali LTE), di potenza pari a 1/N della potenza
del segnale.
Tutti i possibili prodotti d’intermodulazione tra tutte le portanti
così ottenute sono calcolati analiticamente, sommando la potenza
interferente generata all’interno dei canali d’ingresso e determinando
quindi il valore di C/I (inteso come rapporto tra la potenza del segnale
utile e la potenza del segnale interferente co-canale dovuto ad
intermodulazione) per ciascuno dei canali.
Si noti che i segnali LTE sono stati simulati con livello costante,
come se l’occupazione del traffico dati trasportato fosse costantemente
pari al 100%: non si è cioè tenuto conto del fatto che, nella realtà, il
livello effettivo di un segnale LTE può variare istante per istante in
funzione del traffico dati trasportato.
Infine, per valutare gli effetti di un filtraggio ‘inline’ del
segnale a monte dell’amplificatore a larga banda, le simulazioni sono
state ripetute anche modificando i livelli dei segnali d’ingresso
secondo la funzione di trasferimento di due diversi filtri, denominati
nel seguito ‘a pendenza graduale’ e ‘Ofcom’ (vedi Figura 3):
– Il filtro ‘a pendenza graduale’ consente un’elevata attenuazione
sui segnali LTE, ma al costo di un’elevata perdita di inserzione sugli
ultimi canali DTT, che potrebbero quindi non essere più ricevibili se ci
si trova ai bordi dell’area di copertura;
– Il filtro ‘Ofcom’ introduce una limitata perdita d’inserzione, ma
non attenua in modo significativo il primo blocco LTE di 10 MHz: è
quindi indicato soprattutto nei casi in cui la BTS non irradia quel
primo blocco, o lo irradia a potenza ridotta.
I risultati delle simulazioni
Le
simulazioni sono state ripetute per un certo numero di scenari,
ritenuti rappresentativi di situazioni che si potranno realisticamente
verificare in prossimità delle BTS LTE:
– Scenario A: situazione originaria, in assenza di segnali LTE: in
questo caso l’amplificatore opera come da specifiche, permettendo di
distribuire tutti i canali con un buon margine al di sopra della soglia;
– Scenario B: 1 segnale LTE in downlink;
– Scenario C: 1 segnale LTE in uplink;
– Scenario D: 6 segnali LTE in downlink;
– Scenario E: 6 segnali LTE in downlink e 6 in uplink;
– Scenario A*: situazione in assenza di segnali LTE, con uno dei
segnali DTT ricevuto con livello 20 dB inferiore rispetto agli altri;
– Scenario E*: uno dei segnali DTT ricevuto con livello 20 dB
inferiore rispetto agli altri, 6 segnali LTE in downlink e 6 in uplink.
In tutti gli scenari, le simulazioni sono state ripetute anche in
presenza dei due modelli di filtri ‘in-line’ considerati. I principali
risultati ottenuti sono elencati di seguito.
La FIgura 4 li riporta più in dettaglio nel caso dello scenario E, a
confronto con lo scenario A. Occorre naturalmente sottolineare che i
risultati ottenuti sono rappresentativi da un punto di vista qualitativo
più che quantitativo: i valori di C/I in casi reali dipendono
fortemente dalla situazione specifica, ovvero dalle caratteristiche
dell’amplificatore, dai livelli relativi dei segnali, ecc.
– Nello scenario B, in presenza di un segnale LTE,
l’intermodulazione è già evidente su tutti i canali: il canale 60 è
quello più penalizzato, ma tutti i canali sono sotto soglia in queste
condizioni. La soglia di allarme indicativa dipende in realtà dal tipo
di modulazione e FEC adottato dallo specifico canale;
– Un filtraggio’in-line’ di base può aiutare a ridurre gli e!etti
dell’intermodulazione, ma solo parzialmente. Il miglioramento dipende
dalla risposta in frequenza del filtro (ovvero dall’entità
dell’attenuazione sui segnali LTE) e dal canale considerato;
– Nello scenario C, l’impatto sull’intermodulazione di un segnale
LTE in uplink, di potenza minore, risulta modesto: tutti i segnali DTT
mantengono un buon margine sulla soglia di ricezione anche in assenza di
filtri;
– Nello scenario D, in assenza di filtraggio, i segnali DTT non sono
ricevibili: tutti i canali sono abbondantemente sotto soglia. Anche in
questo caso un filtraggio ‘in-line’ di base può aiutare a ridurre gli
effetti dell’intermodulazione, ma solo parzialmente; inoltre, non tutti i
canali possono essere correttamente ricevuti in queste condizioni;
– I risultati nello scenario E sono abbastanza simili allo scenario
D: con questi livelli relativi i segnali LTE in uplink forniscono
infatti un limitato contributo aggiuntivo all’intermodulazione, più
visibile sui canali nella parte alta dello spettro;
– Lo scenario A* (in assenza di LTE) introduce una situazione più
critica: uno dei segnali DTT (il canale 22) è ricevuto con livello più
basso degli altri (di 20 dB), pertanto il suo margine di ricezione è
inferiore. Si noti che, a rigore, una situazione di questo tipo, pur non
inusuale in casi reali, non è strettamente conforme alla normativa
sulla distribuzione dei segnali TV negli impianti condominiali, che
prevede un minore dislivello tra i vari canali (max. 12 dB in tutte le
bande VHF/UHF, 6 dB entro 60 MHz e 3 dB tra canali adiacenti): pertanto,
in questo caso, l’installatore avrebbe dovuto non certificare il canale
22 come canale ricevibile o, in alternativa, adottare una tecnica di
distribuzione canalizzata. Resta comunque inteso che, dal punto di vista
dell’utente finale, questo canale risulta ricevibile;
– Nello scenario E* (corrispondente allo scenario A*, con l’aggiunta
dei segnali LTE), il rapporto tra livello del canale 22 e livello del
segnale LTE in downlink è di -51,7 dB (valore comunque migliore di circa
20 dB rispetto a valori che ci si può attendere in condizioni più
sfavorevoli). In presenza di intermodulazione, il filtraggio ‘inline’ a
monte dell’amplificatore non è sufficiente a proteggere
dall’intermodulazione il canale DTT ricevuto con livello basso.
Le misure di laboratorio
Nell’impossibilità
di effettuare al momento test in campo su impianti centralizzati reali,
a causa dell’assenza di segnali LTE già irradiati in Italia nella banda
800 MHz, il segnale LTE è stato generato in laboratorio e quindi
sommato ai segnali televisivi reali ricevuti da un’antenna UHF, per
essere inviato in un amplificatore a larga banda.
Sono stati utilizzati tre tipi di segnali LTE campionati:
• Segnale BTS “idle”, nella condizione in cui il sistema si trova in
assenza di terminali utenti nel raggio d’azione della cella;
• Segnale BTS con un carico di utenti tale da impegnare il 50% delle risorse (blocchi);
• Segnale BTS con un carico di utenti tale da impegnare il 100% delle risorse (blocchi).
Le misure descritte nel seguito si riferiscono pertanto a tre
diverse tipologie di segnali LTE downlink disturbanti, come definito
nella Tabella 3.
I risultati delle misure
L’elenco
dei canali TV ricevuti in antenna (riferito al mese di giugno 2011) è
riportato in Tabella 4, insieme ai livelli misurati nel punto 1 della
Figura 5. La tabella riporta tutti i canali al di sotto di 790 MHz;
esistono poi attualmente anche alcuni canali trasmessi nella banda
790÷862 MHz, su cui non sono state fatte misure, ma che comunque danno
il loro contributo all’intermodulazione dell’amplificatore.
Si è scelto di regolare l’amplificatore utilizzato nel banco di
misura in modo da ricercare un compromesso tra degradamento dei segnali
distribuiti (ovvero verificando che i segnali siano ancora tutti
ricevibili anche dopo l’amplificazione, e con una minima riduzione del
MER) e attenuazione di rete tollerabile a valle dell’amplificatore (in
modo da permettere la distribuzione dei segnali in un impianto con un
numero di utenti abbastanza elevato). L’amplificazione risultante è
stata di circa 35 dB. La riduzione del MER corrispondente (misurata nel
punto 2 della Figura 5) varia leggermente da canale a canale, con un
valore medio di 0,4 dB. È quindi stato inserito il segnale LTE
disturbante, generato in laboratorio, tenendo conto della distanza dalla
BTS come da esempio della Tabella 2. Questa condizione corrisponderebbe
alla presenza di una nuova BTS LTE, allineata e in vista ottica con
l’antenna di ricezione DTT . In particolare, tenendo conto della
larghezza di banda di 10 MHz e delle potenze medie effettive, il segnale
LTE è stato inserito con le caratteristiche riportate nella Tabella 5.
Questo significa che, nel caso peggiore, il C/I relativo ai segnali
DVB-T ricevuti con livello maggiore è di circa 33 dB (anche in questo
caso, si tratta di un valore non troppo pessimistico). Successivamente
sono stati anche effettuati test con un livello ridotto del segnale LTE.
Un raffronto sull’immagine video all’uscita del decoder DVB-T
utilizzato nel banco di misura ha permesso, inoltre, di confermare i
risultati in termini di avvenuta ricezione. La Tabella 6 riporta i
risultati relativi alla ricevibilità dei singoli canali televisivi nelle
varie configurazioni esaminate. Dalla tabella sono stati esclusi i
canali 46 e 57, non ricevibili neppure in antenna. Si può notare che, in
presenza di ‘LTE 100%’ o ‘LTE 50%’ senza ulteriori attenuazioni, gli
unici canali ricevibili sono il 23 (che è trasmesso con modulazione
QPSK), il 34 (16-QAM, peraltro non ricevibile con configurazione ‘LTE
100%’) e il 38 (a standard DVB-H). La situazione migliora nel caso di
‘LTE idle’, con prestazioni che rimangono più critiche nella parte alta
della banda. L’intermodulazione introdotta è pertanto più o meno
critica, in funzione del carico del segnale LTE in termini di data-rate:
la condizione più critica si ha con carico 100% e meno critica con
segnale LTE in ‘idle’: questo è dovuto al fatto che la potenza media del
segnale LTE si riduce al diminuire del carico, riducendo così
l’intermodulazione. La Tabella 7 riporta i risultati ottenuti con valori
più bassi di segnale LTE interferente: questi risultati offrono anche
un’indicazione dei possibili benefici di un filtraggio ‘in-line’
all’ingresso dell’amplificatore.
Infine, la Tabella 8 riassume i risultati ottenuti in termini di
numero di canali ricevibili e di degradazione media del MER rispetto
alla condizione originaria di assenza del segnale LTE. I risultati di
queste misure sono in linea con una campagna di misure condotta lo
scorso anno in Inghilterra per conto di Ofcom.
L’area interessata
Dai
risultati esposti si può ricavare che possono sorgere problemi nella
ricezione dei segnali televisivi tramite impianti centralizzati
d’antenna se il livello del segnale LTE interferente supera il livello
dei segnali DTT di oltre 15÷20 dB. Fermo restando che occorrerebbe
considerare la specificità di ogni singolo caso (orografia, densità e
altezza degli edifici, ecc.), è possibile fare una stima dell’estensione
dell’area interessata in campo libero in modo teorico, a partire dalle
leggi sulla propagazione elettromagnetica.
È quindi possibile calcolare la distanza dalla BTS a cui, in campo
libero, gli effetti dovuti al segnale LTE interferente, in assenza di
tecniche di mitigazione, sarebbero ancora evidenti. La Tabella 9
riporta, a titolo di esempio, tale distanza (corrispondente a un C/I di
20 dB) per diversi valori di livello dei segnali DTT ricevuti in antenna
(ovvero a diverse distanze dai trasmettitori), con riferimento ad una
BTS LTE con EIRP di 59 dBm e polarizzazione ±45° (in questo caso la
discriminazione di polarizzazione dell’antenna è di circa 3 dB) e nella
stessa direzione dei trasmettitori DTT.
Anche questi valori sono in linea con le conclusioni dell’indagine
condotta per conto di Ofcom . La Figura 6 riporta, infine, l’andamento
della distanza dalla BTS entro cui si possono avere interferenze, al
variare del livello dei segnali DTT ricevuti in antenna, in diverse
condizioni. Oltre al caso relativo alla Tabella 9, raffigurato in blu,
sono considerati anche i casi più favorevoli di ricezione da una diversa
direzione (tipicamente, il guadagno d’antenna si riduce di almeno 3 dB
per un angolo di 35° e di almeno 20 dB oltre 90°) e il caso più
sfavorevole di EIRP del segnale LTE pari a 67 dBm (ad esempio, in
ambiente rurale) e con la stessa polarizzazione dei segnali DTT. Come si
può vedere, se l’antenna ricevente è orientata in una diversa direzione
rispetto alla BTS LTE, la distanza può essere ridotta del 30% per
angolo di 35°, o di un fattore 10 per angolo superiore a 90°. Va
comunque ribadito che i valori calcolati in questo paragrafo sono
soltanto indicativi, per le seguenti ragioni:
– La formula utilizzata per il calcolo del campo elettromagnetico è
valida in campo libero: in ambiente urbano, il valore effettivo potrebbe
essere più basso;
– Un’ulteriore riduzione del campo ricevuto potrebbe essere
apportata dal tilt dell’antenna, in funzione dell’altezza relativa di
antenna BTS e antenna ricevente;
– I calcoli si riferiscono ad un solo blocco LTE da 10 MHz (o due
blocchi da 5 MHz) irradiato da una singola BTS: in presenza di più
blocchi e di una moltitudine di BTS presenti in un ambiente urbano, il
valore effettivo del campo elettromagnetico ricevuto potrebbe essere più
alto;
– Nel calcolo si è fatto riferimento ad un C/I limite di -20 dB:
scegliendo invece il valore più conservativo di -15 dB, le distanze
calcolate aumenterebbero circa dell’80%.
Conclusioni
Le
simulazioni al calcolatore e le misure di laboratorio hanno permesso di
analizzare il comportamento degli amplificatori a larga banda degli
impianti centralizzati d’antenna in presenza di segnali LTE. Simulazioni
e misure, effettuate in condizioni realistiche e non eccessivamente
pessimistiche, hanno concordemente mostrato che, in alcune situazioni,
l’impatto dei segnali LTE sull’intermodulazione degli amplificatori
potrebbe essere serio, a conferma dei risultati pubblicati in ambito
internazionale. Gli effetti più evidenti si hanno sui canali adiacenti
(in particolare sul canale 60), ma tutti i canali nella banda UHF
possono essere degradati fino alla mancanza di ricezione. È infatti
opportuno che il livello del segnale LTE interferente sia ridotto ad un
valore non superiore a circa 15÷20 dB rispetto ai segnali DTT.
Si può stimare che, in assenza di filtraggio preventivo o di altre
tecniche di mitigazione, in condizioni sfavorevoli gli impianti
potrebbero essere affetti da disturbi fino ad una distanza di oltre 1 km
dalla BTS. Un filtraggio di base del segnale d’ingresso al centralino
può aiutare a ridurre gli effetti dell’intermodulazione, ma per essere
efficace è necessario l’utilizzo di filtri ad elevata selettività,
abbastanza costosi, mentre l’impiego dei semplici filtri ‘in-line’ a
basso costo in alcuni casi potrebbero fornire risultati insoddisfacenti.
Nei casi in cui il filtraggio non fosse sufficiente, saranno
necessarie ulteriori contromisure sull’impianto, da valutare caso per
caso (spostamento delle antenne riceventi, utilizzo di centralini
canalizzati, ecc.).
È poi auspicabile che opportuni vincoli siano fissati per
l’operatore LTE, in modo da limitare in determinate aree l’entità del
segnale interferente ricevuto in antenna: a tale proposito si possono
adottare tecniche quali cross-polarizzazione, limitazione della massima
EIRP, ecc. In ogni caso, la convivenza di servizi broadcast e 4G nella
banda UHF richiederà un’adeguata collaborazione tra tutti gli operatori
coinvolti, in modo da evitare di far ricadere i relativi costi
interamente sull’utente finale.
“Il presente articolo è tratto da “LTE e DTT Effetti dei
segnali per la telefonia mobile di 4ª generazione sugli attuali impianti
d’antenna televisivi”, Elettronica e Telecomunicazioni, n° 3 dicembre
2011. L’articolo completo, a cura di Davide Milanesio, Bruno Sacco e
Vincenzo Sardella del Centro Ricerche e Innovazione Tecnologica della
RAI è pubblicato all’indirizzo
www.crit.rai.it/eletel/2011-3/113-6.pdf Si ringraziano gli autori
per l’autorizzazione all’utilizzo del materiale dell’articolo”.