Abbiamo chiesto a system integrator ed esperti del settore audio video cosa sta accadendo nei mercati del retail e del museale. Ecco il quadro tracciato dalle loro risposte…


Abbiamo chiesto a sei system integrator ed esperti del settore quali sono i trend in atto nei mercati retail e museale e quali i freni alla digitalizzazione, scegliendo le domande in base alla loro specializzazione. 

Moltissimi gli spunti emersi, come leggerete dalle risposte. Abbiamo intervistato, per il retail:

– Leonardo Comelli, Business Director Italia, M-Cube SpA;

– Alessandro Messineo, Co-Fondatore, Wallin Srl;

– Massimo Petrella, Titolare, Tailoradio Srl;

Per il museale:

– Marco Barberis, Project Manager, Punto Rec Studios Srl;

– Walter Farioli, Ceo – Project Manager, Neo Tech Srl;

– Matteo Ventrella, CTO, ETT SpA.



RETAIL 

1) Parlando di servizi e contenuti, quali sono i trend in atto nel mondo del Retail e quale evoluzione di mercato si prevede nel 2023? 

Leonardo Comelli (M-Cube) – Il mondo del retail è molto cambiato negli ultimi anni ed è tutt’ora in grande evoluzione, complice la crescita tecnologica e i processi di digitalizzazione che hanno influito molto sulle strategie di vendita e di approccio al cliente da parte dei brand, in molteplici settori merceologici, in primis il luxury. 

Abbiamo assistito – e stiamo assistendo – a una trasformazione radicale dell’esperienza di acquisto nei punti vendita, che investono sempre più sul digital come strumento per la fruizione di tipologie di acquisto nuove e immersive per i consumatori stessi. 

Attraverso l’esperienza di M-Cube, posso affermare che il Digital Signage è una realtà nel settore retail, capace di rinnovare completamente il concetto di customer experience, promuovendo le relazioni tra i clienti che entrano nei negozi e il personale di vendita. Non solo, ma mirror, touchpoint, smart table e le diverse installazioni che troviamo negli store, sono dispositivi evoluti, connessi e comunicanti che permettono al negozio stesso di approfondire molto le richieste commerciali dei consumatori. 

Porto alcuni esempi. M-Cube ha lavorato all’ultimo progetto Dolce&Gabbana Casa, di cui ha progettato lo store di Corso Venezia, a Milano, curando la realizzazione e l’installazione di una immersive room che ripropone i quattro temi iconici cari alla casa di moda: Leopardo, Carretto siciliano, Zebra e Blu Mediterraneo. 

Non solo: per il brand Bally, M-Cube ha promosso e sviluppato molteplici possibilità di interazione con i consumatori, stimolando attività di cross selling e upselling grazie alla tecnologia, che consente il dialogo tra i mirror presenti nei negozi e gli smartphone dei consumatori stessi. 

C’è sempre una maggiore richiesta, da parte dei brand, di rinnovare i propri punti vendita attraverso la digitalizzazione e sono convinto che questa tendenza interesserà anche i prossimi anni. Gli stessi retailer si servono della tecnologia per abilitare una nuova idea di commercio più efficiente e più integrato con l’ecommerce: è così aumentato l’investimento in digitale, la cui incidenza sul fatturato è passata dal 2% nel 2020 al 2,5% nel 2021

Il presente e il futuro è l’omnicanalità: infatti, dalla Ricerca 2021 dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, traspare chiaramente come la digitalizzazione del negozio fisico permetta ai brand di offrire un’esperienza più sicura, semplice e consapevole nei punti vendita, attraverso ad esempio sistemi di prenotazione da remoto della visita in store, piattaforme di gestione virtuale delle code, piuttosto che chioschi digitali e scaffalature smart che semplificano e rendono più consapevole l’esperienza del consumatore in negozio. 

Il digitale è quindi centrale per soddisfare le nuove esigenze di consumo e permette ai retailer di migliorare i propri processi interni: M-Cube, a tal proposito, lavora ogni giorno per supportare i brand attraverso soluzioni e idee in grado di promuovere lo sviluppo aziendale e soddisfare così il cliente.

Alessandro Messineo (Wallin) – E’ evidente che lo shopping online abbia avuto un grande boom negli ultimi 2 anni, tuttavia la rapida digitalizzazione del commercio sta trasformando completamente, anziché eclissare, il ruolo del negozio fisico

I negozi fisici, che un tempo erano semplici canali di distribuzione, non sono più un luogo dove misurare il numero di vendite dirette ma un luogo chiave di interazione dove si ha l’opportunità di creare un contatto emotivo con la clientela attraverso esperienze immersive e coinvolgenti che solo la vendita in-store può offrire. 

La sfida che quindi i marchi sono chiamati a rispondere oggi è quella di creare esperienze che siano in grado di suscitare emozioni, le quali portano ad una maggiore fedeltà dei consumatori nel lungo periodo, ad una migliore reputazione del brand, ad una differenziazione rispetto ai competitor ed in definitiva ad un aumento delle vendite. 

Il Digital Signage è probabilmente lo strumento più efficace e di impatto che i brand hanno oggi a disposizione per creare esperienze che rimangano impresse nella mente dei consumatori. 

L’evoluzione del mondo retail vede la diffusione di negozi di formato più piccolo incentrati su una maggiore interazione tra brand e cliente, sia attraverso strumenti digitali come tavoli interattivi, schermi touch, totem, ledwall e videowall sia con offerte personalizzate e premi basati sul feedback del cliente con il personale stesso del negozio. 

Un processo di convergenza naturale tra esperienza online ed esperienza fisica dove i contenuti e la strategia Digital Signage fanno la differenza per la creazione di un’esperienza per il cliente che sia gratificante ed appagante. 

Per esempio, oggi i consumatori possono scansionare la propria tessera fedeltà all’ingresso del negozio e ricevere indicazioni attraverso totem e schermi sulle offerte del momento, personalizzate in base alle proprie abitudini di acquisto e preferenze. 

In definitiva, la sfida per il retail nel 2023 sarà sempre più incentrata nella creazione di esperienze memorabili che coinvolgano le persone ad un livello emozionale, attraverso contenuti multimediali interattivi che siano personalizzati e contestuali con le aspettative ed i valori di chi li guarda. 

Massimo Petrella (Tailoradio) – Prevediamo una crescita sostenuta e certamente a doppia cifra, che coinvolge molte categorie di retailer, allargando la platea iniziale – principalmente banking e moda – a molti altri comparti, GDO e servizi in primis. Rileviamo un pronunciato interesse non solo per la comunicazione in vetrina, ma anche per quella interna e di soluzioni interattive

In termini di prestazioni, c’è maggiore attenzione per display di buona luminosità da interno (da 500 Nit in su) e per soluzioni SOC. Per i formati speciali la domanda è ancora moderata, anche a causa della limitata offerta dei produttori e a costi alti. Fanno eccezione i ledwall, dove la customizzazione del formato resta un fattore importante. 

Ulteriori funzionalità evolute – come la realtà aumentata – sono tutt’ora rari nel Retail mentre è forte la richiesta di integrazione con funzionalità touch e di contenuti contestuali, attivati da cam biometriche, e funzionalità avanzate di ‘second screen’. 

Anche dal punto di vista dei contenuti, notiamo un’evoluzione interessante: per lungo tempo la loro produzione ha rappresentato un freno, per mancanza di contenuti o per il costo eccessivo di produzione. Oggi i clienti hanno sposato i contenuti audiovisivi sulla spinta del web e trova risposte in reparti interni, case di produzione che uniscono qualità, velocità e prezzi competitivi, o service provider, come noi di Tailoradio, che integrano la produzione dei contenuti alla fornitura di servizi tecnologici. 

2) Cosa frena la digitalizzazione AV in ambito Retail?  

Alessandro Messineo (Wallin) – Abbiamo visto di come la crescita dell’e-commerce e gli effetti della pandemia non abbiano portato al declino del commercio in-store. Anzi, questo aspetto ha semplicemente assegnato al punto vendita fisico un ruolo più complesso e prezioso che mai. 

Ciò che frena la digitalizzazione AV in ambito Retail è la difficoltà nel riconoscere e massimizzare tale valore all’interno della “customer journey” e soprattutto, nel trovare nuovi modi per misurare l’impatto di queste tecnologie nel breve e lungo termine. 

Per questo motivo negli utili anni, si stanno diffondendo nuove soluzioni di analisi basate su telecamere e sensori per tracciare l’impatto effettivo che la comunicazione digitale in-store ha sulle vendite e sulla fidelizzazione dei clienti. 

In questa ottica è sempre più centrale per i brand l’adozione di tecnologie che consentano di dialogare tra di loro al fine di poter effettivamente tracciare il percorso di un utente, dal momento del primo contatto a quello del successivo acquisto, sia esso avvenuto offline o online. 

L’elemento più critico oggi per un brand è proprio la scelta di strumenti che consentano da una parte di integrare una gestione efficace dei contenuti da mostrare sui monitor, e dell’altra di avere dati esportabili ed aggregabili in report facili da consultare per misurare il ritorno sull’investimento.

Massimo Petrella (Tailoradio) – I vincoli allo sviluppo sono principalmente di impatto economico dei progetti e di integrazione nei sistemi informatici dei clienti, oltre a una residuale sacca di aziende con bassa capacità produttiva dei contenuti

A mio avviso oggi però, il vincolo più grande non è il costo, ma l’impatto operativo sull’organizzazione e il ruolo crescente della sicurezza informatica nell’adozione dello strumento. 

Risultano vincenti proposte di provider che possano coprire la totalità delle necessità dei progetti di Digital Signage (progettazione, fornitura di piattaforme software e servizi di installazione/manutenzione) così come piattaforme compliant con i sempre più stringenti requisiti di sicurezza informatica. 

Altro fattore rilevante è il decisore di acquisto, che sempre più spesso vede coinvolto il reparto IT, oltre al marketing. Questo binomio, se ben gestito, favorisce la possibilità di adozione dello strumento, anziché allontanarla: il marketing è ormai convinto dell’efficacia di contenuti multimediali, e il reparto IT è centrale nella valutazione di integrabilità, sicurezza e performance delle piattaforme di gestione.



MUSEALE

1) Parlando di formati narrativi e contenuti, quali sono i trend in atto nel mondo del museale e quale evoluzione di mercato si prevede nel 2023? 

Marco Barberis (Punto Rec Studios)– Dopo una forte battuta d‘arresto causata dal Covid, la produzione di contenuti in ambito museale e gli allestimenti hanno ripreso vita. Non si tratta di una ripresa al cento per cento, ma di un desiderio e di una necessità di cui tutti avevamo bisogno. 

Nuovi progetti sono partiti e alcuni si sono risvegliati, mutando in parte le modalità di rappresentazione e narrazione: inevitabilmente dopo la pandemia abbiamo una forma mentis diversa e le abitudini di prima sono state messe in discussione con nuove forme di comunicazione e fruizione

Oggi si parla tanto di metaverso, non è una grande novità: spesso, l’applicazione finale non va oltre la fruizione artificiosa e macchinosa, attraverso l’utilizzo di un avatar, di contenuti in uno spazio virtuale non necessariamente ben congeniati e fruibili. 

Si dovrebbero progettare nuovi spazi di comunicazione e allestimenti digitali: si parla di spazi di conoscenza e di relazione, all’interno dei quali fare emergere i contenuti, creare coinvolgimento ed empatia con il visitatore. Si tratta di una offerta culturale diversa, che non vuole sostituire quella tradizionale, ma anzi aumentarne e arricchirne la conoscenza. Sono nuove modalità di fruizione dei patrimoni artistici e culturali, ma anche per le imprese e le istituzioni: si dovrebbe coniugare reale e digitale, fisico e virtuale, contenuti e tecnologia, storia e contemporaneità. 

Proporre nuove esperienze di fruizione culturale, utilizzando al meglio le potenzialità del digitale, permette di essere all’avanguardia in un settore ormai fondamentale per la conoscenza. Le tecnologie per la realizzazione dei virtual tour o esperienze simili sono solo una parte delle componenti necessarie, occorrono soprattutto la sensibilità e l’attenzione verso specifiche competenze narrative e divulgative: siamo sul terreno delle Digital Humanities

Walter Farioli (Neo Tech) – Personalmente penso che il mercato museale sia in un momento di stasi, vediamo molte realizzazioni tecnologiche figlie del momento, delle mode. Non si vedono grandi innovazioni ma utilizzo di ‘modelli’ visti in passate esposizioni. L’immersività vera non si vede dai tempi di ‘Inside Magrit’ alla Fabbrica del Vapore di Milano. 

Quello che noto è il tentativo di emergere a livello contenutistico da parte degli studi creativi.

La realtà aumentata viene utilizzata, però penso che siamo ancora allo stato embrionale del suo utilizzo. 

Matteo Ventrella (ETT)– Proseguirà sicuramente il trend che vede una progressiva e capillare digitalizzazione di tutto il patrimonio museale italiano basato sulle soluzioni ormai consolidate da tempo: schermi touch, proiezioni immersive e sensoristica interattiva, sempre più performanti e meno invasive. Un trend che sta acquistando sempre più forza, complice il costante aumento della qualità della strumentazione unito all’abbassamento dei costi, è rappresentato dalla digitalizzazione del patrimonio culturale, mobile e immobile: beni architettonici, storico-artistici, archivistico-librari. Secondo le previsioni e gli obiettivi di sviluppo del PNRR, le nuove risorse digitali che si stima verranno prodotte sono oltre 2 milioni, ciascuna corredata da metadati archiviati all’interno della digital library nazionale. La potenzialità di avere un digital twin dell’asset culturale porterà diversi benefici: dalla conservazione digitale, al restauro virtuale per arrivare a nuove modalità per promuovere la valorizzazione del bene in oggetto. Anche in questo caso i crescenti investimenti dell’industria legati alla realtà aumentata sommate alle sempre maggiori performance dei comuni smartphone, abilitano la possibilità che ogni utente possa visualizzare la ricostruzione in real time del bene digitalizzato. La sempre maggiore richiesta di questa tecnologia nella sua forma più semplice e immediata, la realtà aumentata web, permette l’utente di poter approcciare i contenuti aumentati senza necessità di scaricare alcun tipo di applicazione sul proprio smartphone. Ad oggi un numero esiguo di istituzioni ha già adottato questo asset ma molti sono interessanti ad investimenti futuri. 

2) Cosa frena la digitalizzazione AV in ambito museale?  

Marco Barberis (Punto Rec Studios) – Oggi, per realizzare nuove forme di comunicazione, insieme al budget, serve maggior capacità e intraprendenza oltre che partner affidabili ed esperti a cui rivolgersi. 

Recentemente moltissime istituzioni museali e aziende hanno riversato sui canali social contenuti digitalizzati allo scopo di surrogare le forme tradizionali della fruizione e ampliare il proprio raggio di azione. 

Più problematico è realizzare digital experience per musei, mostre e aziende con una progettazione più evoluta degli spazi e delle strutture narrative multimediali, per migliorare il servizio delle Istituzioni culturali e private, produttrici in futuro di nuove conoscenze aggregate al loro patrimonio. 

La digitalizzazione è un aspetto fondamentale per la valorizzazione di qualsiasi patrimonio culturale: parliamo di archivi d’impresa, dove la cultura del saper fare è un asset fondamentale del nostro Paese; parliamo di istituzioni pubbliche, nei cui archivi sono costudite le storie delle nostre città e del nostro territorio; parliamo delle istituzioni culturali, perché possano immaginare modalità di intervento originali e innovative; parliamo dei musei, nei cui i depositi rimangono nascosti tesori che potrebbero prestarsi a nuove forme di fruizione. 

Walter Farioli (Neo Tech) – Il mercato AV professionale è stato ‘rovinato’ da entrambe le componenti del mercato, richiesta e offerta.

Mi spiego meglio: il cliente chiede sempre di rimanere in un budget ma cercare di fare il massimo per l’exhibit, questo ha portato alcuni system integrator a utilizzare prodotti non adatti, settorialmente parlando, per la realizzazione di proiezioni in genere di medio grande formato, utilizzando prodotti del mondo corporate o educational che nel breve periodo ‘funzionano’, ma nel lungo periodo non garantiscono la qualità e la durata. Ovviamente costano 1/3 e a volte 1/4 del prodotto professionale e quindi sono funzionali a progetti grandi con un impegno economico limitato.

Spesso e volentieri concorre al problema il fatto che l’interlocutore che chiede prodotti tecnologici non è competente, e si innesca quindi un discorso esclusivamente incentrato sulla parte economica (basti vedere i capitolati di gara e, a volte, le assegnazioni).

Matteo Ventrella (ETT) – Da quello che abbiamo potuto verificare negli anni, i freni maggiori sono dettati principalmente da due fattori: dalla percezione non corretta degli investimenti da stanziare legati al progetto che si vuole andare a realizzare e dalla scarsa conoscenza di come debba essere gestita la risorsa del digitale

Nel primo caso in molte situazioni abbiamo assistito alla frammentazione di un budget già esiguo nel tentativo di andare a realizzare più postazioni possibili. Il risultato è il depauperamento della qualità finale in piccoli lotti, rischiando di creare ripetitività e poca immersione per l’utente finale. Il che si lega al secondo aspetto che abbiamo osservato: una giusta comprensione della strumentazione da utilizzare e la corretta trasposizione con il media narrativo che si vuole usare, portano sicuramente ad incanalare meglio i fondi a disposizione per massimizzare il risultato desiderato. Un aspetto fondamentale, quindi, è altresì la valutazione legata al mantenimento, manutenzione ed eventuale aggiornamento delle installazioni, per poter garantire il giusto livello qualitativo nel tempo. 

3) Incontro tra antico e moderno: quando si lavora in un ambiente storico tutelato, la tecnologia offre i mezzi per gestire la situazione?

Walter Farioli (Neo Tech) – Questa tema è molto interessante. Spesso bisogna lavorare in simbiosi con gli allestitori scenografici per fare un buon lavoro. Giustamente in musei storici non si possono fare buchi per mettere un tassello, quindi è funzionale un approccio che sappia considerare il progetto nella sua interezza, non limitato alla sola parte tecnologica.

Ad oggi la parte monitor è diventata più semplice da installare anche in grande formato in quanto i prodotti in genere sono più leggeri e sottili. Questo non si può dire per la parte proiettori: con l’avvento del laser le macchine hanno aumentato dimensione e peso, quindi nello specifico del settore museale, sia per mostre temporanee (dove è comunque più semplice) sia per installazioni fisse, bisogna sempre avere delle strutture importanti di sostegno.

C’è da dire che i proiettori di ‘seconda generazione laser’ di grande formato, 10K, 20K ecc., sono molto più piccoli e leggeri dei precedenti, speriamo quindi che anche la fascia professionale a tecnologia LCD o DLP, dai 6000 ai 9000, diventi più snella.

Matteo Ventrella (ETT)– Lavorare in ambienti storici e tutelati crea da sempre un buon numero di problematiche per tutte le installazioni. Nonostante tutti i miglioramenti apportati dalla tecnologia, le criticità legate alla distribuzione della corrente, dei segnali e degli ingombri non sono cessate, nè sono servite a migliorare in modo così significativo il lavoro del system integrator. Sicuramente l’esperienza, un’ottima progettazione e la capacità di sfruttare tutti i compromessi possibili, sono la chiave per poter realizzare in questi ambienti così sfidanti installazioni di grande qualità, nonostante le problematiche descritte. ■


Link utili

wallin.tv

tailoradio.it

mcubedigital.com

neotechsrl.com

puntorec.xyz

ettsolutions.com