I significativi dati di crescita di questo mercato lo confermano: la TVCC è una reale opportunità per gli installatori dell’impianto televisivo. Ecco i concetti di base da approfondire.

Grazie alle nuove tecnologie ed ai costi abbordabili, i sistemi di videosorveglianza sono sempre più richiesti non solo da amministrazioni pubbliche, aziende e negozi ma anche dalle famiglie che vogliono proteggere i loro beni più cari. Per l’installatore dell’impianto di ricezione televisiva si sono aperte importanti opportunità di lavoro che offrono un duplice vantaggio: sviluppare nuovi business e acquisire competenze professionali, necessarie per interpretare al meglio l’integrazione dei sistemi, un trend sempre più presente nella nostra società.
In questo articolo, che pubblicheremo in due puntate, affronteremo i principi e gli elementi di base di un sistema di videosorveglianza, esaminando le tecnologie e le caratteristiche che bisogna conoscere quando si scelgono i componenti di un impianto analogico per la sorveglianza di abitazioni, negozi e piccoli uffici.




Richieste in aumento

Il DVR è l’elemento principale di un impianto di videosorveglianza. La sua funzione è quella di monitorare le immagini riprese dalle telecamere, registrarle su hard disk e trasmetterle in streaming su dispositivi remoti come tablet, smartphone e PC.
Il pannello posteriore di un DVR, anche di fascia media, è ricco di prese e connettori. Ospita gli ingressi video dedicati alle telecamere (BNC CVBS); gli ingressi audio per i microfoni ambientali (BNC o Cinch); le uscite video HDMI, VGA e BNC (CVBS) per Tv, monitor e modulatori RF; le porte LAN (Ethernet) e USB (mouse, flash drive per il backup delle registrazioni e l’upgrade firmware); i morsetti a molla dedicati ai sensori esterni (ALARM IN), al controllo delle telecamere PTZ (RS-485) ed alle uscite allarme (ALARM OUT) per il collegamento ad una centrale antifurto.

La tenuta del mercato della sicurezza a fronte di una congiuntura particolarmente negativa è soprattutto merito delle innovazioni tecnologiche che hanno permesso a tutti, nessuno escluso, di proteggere la propria abitazione con sistemi di allarme sempre più efficienti e di facile utilizzo. Un antifurto (il cosiddetto impianto anti-intrusione, altra opportunità sempre più richiesta), anche se progettato e installato a regola d’arte, non può tuttavia garantire la totale sicurezza dell’abitazione, dei beni che contiene e delle persone che ospita. Tra i vari sistemi che possono essere abbinati ad un impianto antifurto per innalzare il livello di sicurezza, la videosorveglianza è senza alcun dubbio quello che offre il miglior rapporto costi/benefici. Grazie alle nuove tecnologie e alle economie di scala sempre più favorevoli, un impianto di videosorveglianza è alla portata di un mercato costituito da un numero sempre più ampio di utenti potenziali Realizzare sistemi di ottima qualità, affidabili, facili da installare ed ancor più da gestire è una cosa alla portata di un installatore di ricezione TV. Per non avere brutte sorprese, però, bisogna saper scegliere i prodotti più idonei a seconda del budget, delle richieste del cliente e del caratteristiche dell’abitazione, evitando le ‘cineserie’ che costano poco e non mantengono affatto le promesse. Inoltre è necessario avere le competenze di base per operare con efficacia e sicurezza: buona parte delle basi teoriche che servono a progettare e installare un impianto di videosorveglianza sono condivise con altri settori, come ad esempio quello del video domestico o professionale, della ricezione televisiva terrestre e della sicurezza. Grazie a queste basi, integrate con le informazioni che troverete in questo articolo, quelle reperibili su Internet (articoli di approfondimento e forum di discussione) e quelle fornite dalle aziende che producono componenti ed accessori per la sicurezza, un installatore a digiuno di un impianto di videosorveglianza sarà in grado di progettarne uno e realizzarlo in tempi rapidi, con piena soddisfazione sua e del cliente.


TVCC: come è fatto un impianto

Il decreto legislativo n. 196 del 2003 (legge sulla privacy) contiene diverse norme che il proprietario di un impianto videosorveglianza deve rispettare. La più importante riguarda i cartelli informativi, che devono essere apposti nelle aree sorvegliate, anche quelle private (come il cortile d’ingresso), e resi visibili anche nelle ore notturne.

Un impianto di videosorveglianza viene chiamato anche TVCC (TV a circuito chiuso) oppure CCTV, acronimo del termine anglosassone Closed Caption TV. E’ essenzialmente composto da una serie di telecamere, installate in modo tale da riprendere gli ambienti che si desidera proteggere, una centrale di controllo con funzione di registrazione (chiamata DVR o NVR, Digital Video Recorder o Network Video Recorder), e uno o più alimentatori che forniscono alle telecamere la tensione necessaria al loro funzionamento, solitamente 12 Vc.c.


Analogico o digitale?

Prima di analizzare i singoli elementi che compongono un sistema di videosorveglianza, è necessario comprendere la differenza tra impianti analogici e impianti digitali. In un impianto analogico, le telecamere catturano le immagini tramite un sensore e i segnali ottenuti (digitali nativi) vengono convertiti in analogico per poterli inviare al DVR. Il segnale analogico dalla telecamera al DVR viaggia su un cavo coassiale, che deve essere ad alta qualità soprattutto se le tratte di collegamento sono estese e sono presenti disturbi e/o interferenze. Si può utilizzare anche il cavo Cat con opportuni adattatori; questa soluzione, però, per tratte superiori ai 100 metri non è da consigliare per motivi di affidabilità. Il cavo coassiale, invece, e l’installatore d’antenna lo sa bene, quando è adeguato alla trasmissione dei segnali televisivi può, in un impianto TVCC, essere utilizzato per tratte lunghe diverse centinaia di metri, senza riportare alcuna problematica di funzionamento. La limitazione principale di un sistema analogico, fino a poco tempo fa, era la definizione dell’immagine, di norma SD (480 o 576 linee interlacciate). La tecnologia, però, ha sviluppato standard come HD-SDI (High Definition Serial Digital Interface) e codec come HD-CVI, HD-TVI e AHD che portano l’HD o il Full HD sul cavo coassiale, con prestazioni sempre più efficaci.
In un impianto digitale, le telecamere sono più complesse e costose perché, oltre al sensore, contengono sofisticati circuiti che elaborano e trasformano il segnale video in un flusso dati IP in una rete LAN creata ad-hoc. Supportano l’alta definizione (bisogna dimensionare adeguatamente la rete perché richiedono una banda adeguata), possono essere gestite anche da PC, offrono funzionalità avanzate e si possono anche alimentare utilizzando lo stesso cavo Ethernet che trasporta i segnali (PoE – Power Over Ethernet). Inoltre, alcuni modelli, disponibili anche in versione analogica, sono motorizzati (PTZ – Pan/Tilt/ Zoom, ovvero rotazione, elevazione e zoom) per modificare l’inquadratura e garantire un campo di visualizzazione a 360° capace di coprire fino a mille metri quadrati. Di contro, un impianto digitale è più costoso e richiede competenze informatiche (protocollo IP) per la sua progettazione e programmazione. Per questi motivi l’impianto analogico in ambito residenziale, soprattutto quando il budget è più limitato, rappresenta sempre una valida soluzione, sotto molti punti di vista.


Le telecamere Dome sono compatte, robuste, antivandalo e garantiscono la massima discrezione. La sfera che ospita l’obiettivo e tutta l’elettronica può ruotare in qualunque posizione per ottenere l’angolo di ripresa desiderato.

Telecamere: quali scegliere?

Le telecamere Bullet hanno uno o due bracci snodati per facilitare il posizionamento e permettono di superare i limiti delle Dome in presenza di ostacoli (muri, alloggiamento tende da sole, ecc.).
Schema di un impianto di videosorveglianza analogico composto da 4 telecamere ed un DVR collegato a mouse, Tv, monitor e router DSL per il controllo locale e da remoto.
I led IR presenti nelle telecamere Night&Day permettono di illuminare aree di diverse centinaia di metri quadrati e oggetti distanti fino a 20-40 metri. Al buio emettono una fioca luce rossa che può fungere anche da deterrente.

Le telecamere per la videosorveglianza attualmente in commercio si distinguono per la forma, il tipo di ottica e di sensore, la presenza o meno di un illuminatore IR. Quelle adatte per l’esterno, hanno un grado di protezione IP pari a 65 o superiore, cioè resistono totalmente alla polvere (prima cifra – 6), ai getti d’acqua (seconda cifra – 5), ai getti d’acqua potenti (seconda cifra – 6) o agli effetti delle immersioni temporanee (seconda cifra – 7).
Le telecamere Dome hanno una forma semisferica (cupola) e sono perfette per l’installazione a soffitto perché discrete e poco ingombranti. Inoltre, l’assenza di bracci e snodi le rende meno attaccabili da parte di malintenzionati (antivandalo). Le telecamere Bullet, dal termine anglosassone “pallottola”, hanno invece una forma più tradizionale, sono facili da installare, regolare e sono idonee anche al fissaggio a parete. La scelta tra Dome e Bullet va eseguita in base a criteri estetici (colore, forma, dimensioni, ingombri) e strutturali, considerando eventuali oggetti o muri che potrebbero oscurare le riprese, come ad esempio il cassonetto delle tende da sole sul balcone.
L’ottica monofocale permette di riprendere un’area ben definita, la cui ampiezza è proporzionale allo zoom e all’apertura della lente. Ad esempio, un’ottica da 2,8 mm è perfetta per riprendere un balcone da 6-7 mq a 3 metri di distanza con un’apertura di 90° mentre è inadatta quando si vuole controllare un cancello di ingresso a 15 metri di distanza. In quest’ultimo caso, bisogna utilizzare ottiche più performanti (esempio: 10-12 mm e oltre). Per evitare problemi di inquadratura, che solitamente non si riescono a ‘decifrare’ durante il sopralluogo e che si manifestano al momento dell’installazione, si possono scegliere telecamere con ottica varifocale. Due viti permettono di regolare la messa a fuoco e lo zoom, passando dal grandangolo (2,8 mm) al tele (12 mm) in pochi secondi e senza modificare la posizione di installazione. Le telecamere Night&Day possono funzionare sia di giorno che di notte grazie ad un sensore più efficiente capace di rilevare i raggi infrarossi e ad un illuminatore composto da alcune decine di led IR. Un sensore di luminosità, all’imbrunire, attiva automaticamente l’accensione di questi led e, contemporaneamente, rimuove il filtro IR (elettronico o meccanico – quest’ultimo è da preferire) posizionato davanti al sensore d’immagine. Questo filtro serve ad impedire che, durante il giorno, la luce solare possa falsare i colori delle immagini. Il raggio d’azione di un illuminatore IR varia in base al numero dei led presenti: i produttori dichiarano dai 20 ai 40 metri ma, all’atto pratico, questo valore va prudentemente dimezzato, soprattutto se la telecamera si trova in una zona completamente buia.


TVCC analogica: sempre più HD

In un impianto di videosorveglianza l’utilizzo del cavo coassiale come infrastruttura di trasporto dei segnali è una soluzione praticata fin dalla sua nascita.
Con l’avvento del protocollo IP e della distribuzione dei segnali digitali, però, l’incremento della qualità video da SD a HD ha rappresentato un vantaggio considerevole, per la capacità di percepire anche i più piccoli dettagli. La tecnologia analogica sì è così evoluta per garantire una qualità all’altezza della situazione, sviluppando standard non compressi e codec di compressione, proprietari o liberi da diritti, di grande efficacia.
Con il codec HD-CVI, Dahua è stato il primo a sviluppare una tecnologia per distribuire su cavo coassiale i segnali HD di TVCC. Si tratta di un sistema proprietario che comprime nelle telecamere le riprese effettuate e le decomprime nei VCR. Una nuova generazione di questo codec è in fase di sviluppo per soddisfare anche il profilo UltraHD-4K e l’alimentazione su cavo coassiale (Power over Coaxial Cable).
Il codec HD-TVI, invece, è stato sviluppato da Hikvision che insieme a Dahua rappresentano due brand di riferimento del mercato. Questo codec, di tipo lossless, supporta risoluzioni fino a 1080p a 60 Hz, formato 16:9, con frequenza di campionamento audio a 44,1 kHz. La tratta massima di collegamento si estende fino a oltre 650 m.
Nextchip ha presentato di recente il protocollo aperto AHD; è compatibile con le telecamere analogiche e così l’installatore può utilizzare la stessa strumentazione. Il fatto, poi, di essere aperto apre ad altri produttori/ laboratori la possibilità di sviluppare ulteriori feature. L’AHD viene proposto dal mercato ad un prezzo molto aggressivo. Infine, è doveroso citare l’HD-SDI: uno standard che non interviene affatto sulla compressione dei segnali, quindi la qualità rimane intatta ma, per contro, richiede un power processing all’altezza della situazione. Telecamere e DVR devono offrire perciò prestazioni adeguate che incidono significativamente sul costo complessivo dell’impianto.


Sensori e risoluzione video

Per quanto riguarda il tipo di sensore, alcune telecamere adottano moduli CCD mentre altre CMOS. Grazie ai passi da gigante compiuti negli ultimi anni, la tecnologia CMOS ha ormai eguagliato la CCD nonostante il costo inferiore.
Più che la tecnologia di elaborazione delle immagini, il principale elemento che contraddistingue la qualità video di una telecamera analogica è la risoluzione del sensore, misurata in linee orizzontali, e la sensibilità, misurata in lux. Fino ad una decina di anni fa, una telecamera di buon livello montava CCD da 480-540 linee con sensibilità di 0,5-1 lux mentre ora si possono trovare telecamere economiche con risoluzione da 600 o 800 linee e sensibilità di soli 0,1 lux. Anche il chip di elaborazione delle immagini, in gergo tecnico DSP, ha la sua importanza nel risultato finale. I DSP Sony Effio hanno un’ottima reputazione ma la concorrenza cinese è stata capace di sviluppare prodotti altrettanto validi e molto più economici. È bene quindi non fossilizzarsi sulle specifiche tecniche dei prodotti ma di testarne il funzionamento dal vivo con l’aiuto di un rivenditore specializzato, meglio se multimarca, che saprà fornire consigli e il supporto necessari.


Dove e come posizionarle

Il numero di telecamere in un impianto videosorveglianza va calcolato in base alle zone da monitorare, solitamente la porta principale d’ingresso dell’abitazione, le finestre e le portefinestre, il cancello pedonale e/o quello carrabile. Per ragioni di sicurezza, cioè per evitare che possano essere messe fuori uso da un ladro esperto senza essere ripreso, ciascuna zona dovrebbe essere ‘illuminata’ da due telecamere che si ‘guardano’ a vicenda, meglio se posizionate negli angoli interni di un balcone e quindi non ‘aggirabili’.
Preferire inoltre i luoghi al riparo da pioggia e umidità, non solo per allungare la vita delle telecamere ma anche per evitare i disturbi 27 Sistemi Integrati – Tv Digitale Volume 3 – 2014
causati dalla polvere e dalle gocce d’acqua in sospensione (nebbia), soprattutto nelle riprese notturne all’infrarosso.
I menu OSD dei DVR assomigliano sempre più a quelli dei decoder digitali. Permettono di impostare le funzioni ed i parametri operativi in modo semplice ed intuitivo, con l’utilizzo del mouse o del telecomando.
Per ottenere immagini definite e ricche di dettagli, indispensabili per identificare una persona o un automobile, è necessario scegliere telecamere con risoluzione minima di 600-700 linee ed impostare sul DVR il formato di registrazione D1 o 960H.


DVR: 4, 8 o 16 canali

I menu OSD dei DVR assomigliano sempre più a quelli dei decoder digitali. Permettono di impostare le funzioni ed i parametri operativi in modo semplice ed intuitivo, con l’utilizzo del mouse o del telecomando.
Per ottenere immagini definite e ricche di dettagli, indispensabili per identificare una persona o un automobile, è necessario scegliere telecamere con risoluzione minima di 600-700 linee ed impostare sul DVR il formato di registrazione D1 o 960H.

Se la scelta della telecamera risulta un po’ complicata per le numerose tipologie e caratteristiche in gioco, quella del DVR è senza dubbio più semplice. Come abbiamo anticipato, il compito del DVR è quello di monitorare dal vivo le immagini catturate dalle telecamere (singola o mosaico), digitalizzarle e registrarle sull’hard disk, solitamente interno, di serie oppure opzionale. Inoltre permette di rivedere una registrazione in base a molteplici filtri (numero telecamera, tipo evento, data e ora).
I DVR di ultima generazione sono dei veri e propri computer con sistema operativo Linux e possono quindi offrire tante altre funzionalità, impensabili fino a pochi anni fa. La scelta del DVR va fatta innanzitutto in base al numero di telecamere installate e di eventuali future espansioni.
Un impianto di TVCC si distingue oltre che per l’elevata affidabilità anche per una caratteristica sempre più richiesta dal mercato, cosiddetta Future Proof (a prova di futuro), che indica la capacità del sistema di adeguarsi naturalmente a evoluzioni future, oppure sostenendo costi contenuti.
La quasi totalità dei DVR in commercio è disponibile nelle versioni con 4, 8, 16 o 32 ingressi video e 1, 4, 8, 16 o 32 ingressi audio per eventuali microfoni ambientali (la quasi totalità delle videocamere di sorveglianza analogiche non integra alcun microfono).
I DVR ad 8 ingressi rappresentano la soluzione migliore negli impianti piccoli e medi mentre quelle a 16 ingressi sono praticamente obbligatorie quando, oltre all’esterno dell’abitazione, si desidera sotto controllo anche l’interno (es.: taverna, box, stanza hobby) e diverse zone del giardino.