Nel Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (MEI), allestito tra le antichissime mura della Commenda di San Giovanni di Prè, il visitatore è chiamato a vivere sulla propria pelle l’esperienza, traumatica o salvifica, dell’emigrazione, attraverso una fitta rete di videoproiezioni interattive. System Integrator ETT, proiettori Panasonic. 


Le antiche mura della Commenda di San Giovanni di Prè, nel cuore di Genova, ospitano il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (MEI). La scelta della città non è casuale: da Genova, infatti, sono partiti milioni di italiani, diretti in America, Africa, Asia, Australia.  

E non è casuale nemmeno la scelta dell’edificio: la Commenda di San Giovanni di Prè è stata infatti per secoli luogo di accoglienza e punto di passaggio di un’umanità in transito, dai pellegrini alle crociate, fino agli emigranti dell’Ottocento. 

La creazione del MEI è andata di pari passo con i lavori di restauro dell’edificio storico, realizzato in sintonia con la Soprintendenza della Liguria e reso possibile da un ingente investimento del Ministero della Cultura e da un importante contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo. Molte le professionalità coinvolte: la progettazione, l’allestimento e la direzione del museo sono state affidate a Mu.Ma – Istituzione Musei del Mare e delle Migrazioni, che gestisce anche il vicino Galata Museo del Mare; il restauro della Commenda di San Giovanni di Prè è stato curato dallo studio di architettura Gnosis progetti di Napoli; l’intero comparto multimediale del museo è stato seguito da ETT solutions, system integrator con sede a Genova, che ha deciso di affidarsi, per le videoproiezioni, al vasto catalogo dei prodotti Panasonic

Ne parliamo con Pierangelo Campodonico, Direttore del MEI,  Matteo Ventrella CTO di ETT solutions e Maria Oddo, Project Manager di ETT solutions. 



La vasta gamma di proiettori e ottiche Panasonic è stata sfruttata al massimo per creare empatia tra il visitatore e le storie di emigrazione raccontate dal museo. Nell’immagine l’area ‘Emigrazioni e politica’ con proiezione a 360°.

Il nostro scopo era creare empatia tra visitatori e migranti. Se è vero che l’emigrazione lascia segni più nelle vite delle persone che nell’ambiente circostante, allora noi dovevamo mettere in mostra non cimeli e materiali, ma quelle vite. – P. Campodonico


La sfida: videoproiezioni per raccontare storie di vita, in un ‘museo senza collezione’

«Mi chiedete quale sia la sfida che abbiamo dovuto affrontare per allestire il MEI – ci dice Pierangelo Campodonico, direttore del museo – e io vi rispondo che le sfide sono state come minimo due: la prima sfida la possiamo riassumere con la seguente domanda: è possibile allestire un museo senza partire da una collezione? L’emigrazione, infatti, è un fenomeno che non produce una gran quantità di materiali e, del resto, anche se avessimo esposto qualche cimelio o abito d’epoca, ciò non ci avrebbe comunque permesso di raggiungere il nostro scopo, che era quello di creare empatia tra i visitatori del museo e i migranti. Se è vero che l’emigrazione lascia segni più nelle vite delle persone che nell’ambiente circostante, allora noi dovevamo mettere in mostra quelle vite. Avevamo al nostro attivo la positiva esperienza di Galata Museo del Mare, il cui terzo piano è quasi interamente dedicato alle migrazioni, con ricostruzioni scenografiche, testimonianze e oltre quaranta postazioni multimediali, molte delle quali interattive. 

Qui però entra in scena la seconda sfida: infatti, mentre Museo del Mare è ospitato dentro uno spazio enorme, di origine industriale/militare, che potevamo modificare a nostro piacimento, non si può certo dire la stessa cosa della Commenda di San Giovanni di Prè, che è un edificio del XII secolo sottoposto a vincolo».  

Campodonico sintetizza alla perfezione pregi e difetti della sede del MEI con questa frase: «Possiamo dire che la Commenda di San Giovanni di Prè, per la storia che ha avuto lungo i secoli, ha davvero l’emigrazione stampata sulle sue stesse pietre, che però sono pietre medievali: non le si può coprire con una parete di cartongesso!». 

Come conciliare l’allestimento museale con il rispetto dell’edificio storico? 

«Abbiamo scelto – dice Campodonico – la strada del minimalismo: accennare alle situazioni, senza indulgere nel dettaglio. Mi spiego con un esempio: dentro il Galata il visitatore trova un intero piroscafo, con persino i chiodi ribattuti; dentro le mura della Commenda di Prè abbiamo invece optato per strutture in legno laccato grigio, che suggerissero le forme, invece di imitarle».  

La chiave per affrontare questa duplice sfida è stato il lavoro di squadra: «Da una parte – spiega Campodonico – c’erano gli architetti, ingegneri e restauratori dello studio Gnosis, dall’altra i multimedialisti e system integrator di ETT solutions, dall’altra ancora c’eravamo noi storici. Abbiamo tenuto dei seminari, durante i quali ci confrontavamo per trovare il giusto compromesso e devo dire che, in oltre trent’anni di lavoro nel campo dei beni culturali, questa è stata probabilmente l’esperienza di collaborazione più matura che io abbia sperimentato».  


All’ingresso del museo una doppia videoproiezione accoglie il visitatore. Da un lato un anziano migrante ci invita a intraprendere il viaggio; dall’altro un portone che si apre su una pedana rialzata, su cui vengono proiettati i sogni e le speranze di chi parte. Proiettori rispettivamente Panasonic PT-RZ690BEJ (finestra),  PT-RZ690BEJ e PT-MZ780 (portone e pedana).

Non potendo utilizzare le scenografie, l’immedesimazione del visitatore è affidata in gran parte alla potenza del racconto multimediale e la videoproiezione diventa uno degli strumenti essenziali per entrare in empatia con il pubblico: questa è la sfida che i curatori del museo hanno posto al system integrator e che ETT solutions ha deciso di affrontare affidandosi ai videoproiettori Panasonic. 


La soluzione: sedici aree espositive frutto di fantasia dei curatori, perizia del system integrator e ampio catalogo Panasonic 

Entriamo allora tra le mura medievali della Commenda di San Giovanni di Prè, facendoci guidare dal direttore Campodonico per quanto riguarda le scelte espositive, da Matteo Ventrella e Maria Oddo, rispettivamente CTO e Project Manager di ETT solutions per l’integrazione e i modelli Panasonic utilizzati. 

Immaginiamo di avere appena ricevuto, presso la reception del museo, il bracciale a tecnologia NFC, tramite il quale potremo interagire con le installazioni. 

«Un primo momento di forte impatto emotivo – spiega Maria Oddo di ETT solutions – lo sperimentiamo poco dopo essere entrati nel museo: dentro un’ampia fenestratura della Commenda è incastonata la proiezione di un dipinto ottocentesco di Angiolo Tommasi che raffigura scene di vita portuale; quando ci avviciniamo e, con il nostro bracciale NFC, attiviamo l’installazione, il quadro si dissolve per dare spazio alla figura di un anziano migrante (un attore in costume), che si rivolge direttamente a noi per invitarci a intraprendere il viaggio. Contemporaneamente, il portone sulla parete di fianco si apre: la videoproiezione segue progressivamente il movimento del portone fino ad invaderne tutta la superficie e a estendersi sulla pedana. I video ci mostrano i sogni e le speranze di chi parte». 


In una delle sale più amate, ‘Miti, sogni e propaganda’, il visitatore vede, proiettata sulla parete di fronte a sé, una scena d’epoca: attori in costume dentro un’osteria di inizi Novecento.La proiezione è realizzata con Panasonic PT-RZ690BEJ e obiettivo ET-DLE020. 

I due video, seppure siano contigui, non prevedono il blending e i proiettori interagiscono tra loro mediante una scheda elettronica appositamente progettata. 

«Per la proiezione dentro la finestra e per quella sul portone – aggiunge Matteo Ventrella – abbiamo scelto un Panasonic PT-RZ690BEJ, con obiettivo ET-DLE060, mentre quando l’immagine invade la pedana, essa è proiettata da un PT-MZ780 con obiettivo ET-ELW21. La qualità colorimetrica Panasonic ci ha consentito di ottenere immagini nitide anche su superfici irregolari come il portone originale di metallo borchiato della Commenda e il legno della pedana; le ottiche ultracorte e la capacità di shift dei proiettori ci hanno inoltre consentito di mantenere le macchine piuttosto vicine alla superficie di proiezione, evitando che i visitatori intralciassero l’immagine con la propria ombra». 


L’installazione ‘La parola a te. Che ne pensi?’, che ha per sfondo direttamente la muratura antica della Commenda.

BOX – Un museo che ha tutto… E niente! 

Nell’articolo abbiamo ascoltato dal direttore del MEI la descrizione di che cosa significhi costruire un “museo senza collezione”: raccontare storie, invece di esporre cimeli. L’aspetto interessante è che, come ci spiega Campodonico, il MEI non possiede nemmeno le storie: i filmati, le testimonianze, le foto che i visitatori trovano lungo le sale della Commenda sono quasi tutti contenuti “in sharing”, ovvero messi a disposizione da accademici, da studiosi, da altri musei dell’immigrazione e, soprattutto, da un gran numero di associazioni, italiane ed estere, che hanno fatto dell’emigrazione una scelta di vita e hanno accettato con grande disponibilità di condividere i propri contenuti. 

«Il MEI – dice Campodonico – non è un museo appropriatore: al contrario, noi non abbiamo niente. O meglio, abbiamo il patrimonio di tante persone, che hanno deciso di condividerlo con noi per offrirlo a un pubblico che sia il più ampio possibile». 



L’importanza di variare continuamente le soluzioni espositive 

Una delle aree più amate dai visitatori e anche una delle più complesse dal punto di vista dell’integrazione è quella chiamata ‘Miti, sogni e propaganda’. Appena entrato, il visitatore vede, proiettata sulla parete di fronte a sé una scena d’epoca: attori in costume dentro un’osteria di inizi Novecento; tra loro spicca un ‘Mericano (un emigrante arricchito), che racconta ai presenti le meraviglie dell’America, la facilità nel trovare lavoro, l’abbondanza dei raccolti. Al suo racconto fanno da controcanto immagini storiche, lavorate in modo da ottenere un effetto onirico, che si materializzano sulla volta e scompaiono come risucchiate in un’antica canna fumaria, integrando contenuto multimediale e architettura medievale. Quando, alla fine del racconto, viene citata la meravigliosa storia dell’albero dei dollari, un faretto illumina un albero ligneo installato a soffitto, da cui pendono centinaia di monete dorate. «Per proiettare la scena dell’osteria sulla parete della sala – racconta Ventrella – abbiamo scelto un Panasonic PT-RZ690BEJ, con obiettivo ET-DLE020 che, nel progetto originario, avrebbe dovuto essere posizionato sulla parete opposta a quella di proiezione; in seguito, tuttavia, per evitare che i visitatori interferissero sulla videoproiezione, abbiamo deciso di avvicinarlo, spostandolo sotto la pedana al centro della sala, sfruttando al massimo le potenzialità dell’ottica ultracorta. La proiezione delle immagini oniriche è invece ottenuta grazie a un Panasonic PT-MZ780, con obiettivo ET-ELW21»

«La sala è in penombra – continua Ventrella – ma non del tutto buia e ciononostante le immagini sono nitide, grazie alla luminosità dei proiettori scelti. Le due videoproiezioni sono sincronizzate con una schedina elettronica che comanda, tramite un relè, l’accensione di un faretto che, quando il ‘Mericano menziona l’albero dei dollari, illumina le numerose monete che cadono dall’albero ancorato a soffitto». 

Il MEI è stato concepito per offrire ai visitatori esperienze molto diverse una dall’altra dal punto di vista del supporto tecnico e del taglio espositivo. Si tratta di una precisa scelta, che il direttore Campodonico ci spiega così: «In qualsiasi museo, la cosa peggiore che possa accadere è che il visitatore avverta, passando da una sala all’altra, una sensazione di déjà vu; questo rischio aumenta ulteriormente nei musei a forte componente multimediale: il rischio è che si abbia l’impressione di trovarsi dentro una sorta di cinema, in cui si passa semplicemente da uno schermo all’altro. Per questo abbiamo avuto cura non solo di inserire molti momenti di interazione, ma anche di variare sempre il tipo di proiezione: dalle immagini in 4K si passa alle ombre cinesi, da proiezioni sulle pareti a piccoli schermi: non ci deve mai essere ripetizione». 


La sala ‘Emigrazioni e politica’ vede protagonista una proiezione circolare a 360°, su un telo nero dal diametro di sei metri; al centro di questo cerchio si trova una colonna antica, alla quale sono stati ancorati, senza tasselli, la staffa con i videoproiettori. 

Dagli schermi del labirinto al blending a 360° della sala ‘Emigrazioni e politica’, fino al mapping interattivo di ‘La parola a te’ 

Altri esempi della straordinaria variabilità del percorso espositivo del MEI sono il ‘Labirinto’, l’area ‘Emigrazioni e politica’ e l’installazione dedicata al feedback finale del visitatore, chiamata ‘La parola a te’


La sala ‘Miti, sogni e propaganda’ è in penombra, ma non del tutto buia e ciononostante le immagini sono nitide, grazie alla luminosità dei proiettori Panasonic scelti. – M. Ventrella 


Il labirinto, che occupa il secondo piano dell’edificio, è, con le parole di Campodonico: «un insieme di box, collegati l’uno all’altro da scalette, passaggi, pertugi. Il visitatore entra e si trova, attraverso vari schermi, di fronte a un attore che gli pone domande: c’è il poliziotto americano, la padrona di casa svizzera, il direttore di miniera belga; sono tutte persone che hanno un potere sull’emigrante e che lo interrogano in una lingua che non padroneggia: grazie all’interattività, il visitatore è chiamato a scegliere quale risposta dare». Pur così originale nella concezione, il Labirinto non ha posto particolari difficoltà all’integratore, se non quella di garantire l’interazione del visitatore con i vari schermi. 

Molto più complesso è stato invece, come ci spiega Maria Oddo, realizzare la sala ‘Emigrazioni e politica’: «Si trattava di realizzare una proiezione circolare a 360°, su un telo nero dal diametro di sei metri; al centro di questo cerchio si trova una colonna antica, alla quale abbiamo dovuto ancorare, senza tasselli, la staffa a cui sono appesi i videoproiettori. La proiezione circolare mostra il punto di vista di dodici politici della storia italiana sulle politiche dell’emigrazione, tramite scene con attori in costume e da numerosi documenti e scritte che avvolgono progressivamente il visitatore. Un elemento di sfida particolarmente complesso qui è stato il carattere fortemente geometrico dei contenuti, scanditi in basso da una ghiera che dà ritmo alla composizione. Inoltre, il materiale video presenta alcune di scritte, che renderebbero immediatamente percepibile qualsiasi imperfezione nel blending»

«La sala – commenta Ventrella – è stata realizzata con sei proiettori Panasonic PT-RZ690BEJ, con obiettivi ET-DLE020; il blending è eseguito mediante il software Watchout». 

La visita del museo, e anche la nostra parzialissima descrizione, termina con un’installazione (‘La parola a te. Che ne pensi?’) che chiede al visitatore di lasciare il proprio feedback sulla visita appena terminata. «Si tratta – spiega Matteo Ventrella di ETT – di una videoproiezione mappata che ha per sfondo direttamente la muratura antica della Commenda: grazie a un applicativo touchscreen, al termine della visita l’utente può scegliere alcune immagini e alcune parole che riassumano la sua esperienza e la sua opinione. Questo insieme di immagini e parole genera una cartolina, proiettata sulle pietre vive della Commenda, dove essa si anima, si ripiega e infine si tuffa dentro un’ampolla stampata in 3D e inserita in una delle nicchie della parete. La videoproiezione è qui realizzata con un Panasonic PT-VMZ60 e avvolge tre delle antiche nicchie dell’edificio, mentre contemporaneamente un Panasonic PT-VMZ50 proietta, su un supporto in tripolina, immagini suggestive in loop».


Un’installazione future proof 

Chiediamo al direttore del MEI se la collaborazione con ETT solutions sia stata soddisfacente e se siano previsti futuri sviluppi del museo dal punto di vista multimediale: «Il system integrator – ci risponde Campodonico – ha compiuto un autentico miracolo, considerando sia le complessità determinate dalla location storica sia i tempi strettissimi a disposizione. La professionalità e la precisione dei tecnici di ETT, così come la qualità dei proiettori da loro scelti, sono state eccezionali. ETT solutions – aggiunge Campodonico – ha avuto anche il compito di integrare la parte multimediale con le visual key: la grafica multimediale e le immagini dei filmati, infatti, sono impostati sugli stessi registri, producendo un risultato di grande eleganza». 

ETT, insieme a Liguria Digitale, ha curato anche il Virtual Tour fruibile sul portale Digital MEI: un vero e proprio museo digitale. «Una parte del pubblico a cui il MEI è destinato – ci spiega infatti il direttore del museo – sono proprio gli stessi emigrati: tuttavia non è affatto scontato che essi abbiano la possibilità di tornare in Italia per visitare l’allestimento fisico del museo. Soprattutto per loro abbiamo creato il Digital MEI, di cui siamo molto soddisfatti». 

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? 

«La natura multimediale sia del MEI sia del Digital MEI fanno sì che aggiornamenti, innovazioni, aggiunte siano piuttosto semplici da implementare: abbiamo costruito – conclude Campodonico con soddisfazione – una macchina destinata a crescere». ■


Persone intervistate


Link utili

museidigenova.it/it/mei-museo-dellemigrazione-italiana | business.panasonic.it | ettsolutions.com/newmedia/