L’articolo ripercorre l’intervento di Alberto Morello, direttore del CRIT Centro Ricerche e Innovazione Tecnologica della Rai di Torino, tenuto all’HD Forum Conference di Saint Vincent.
Si
evolvono i ruoli delle reti di distribuzione e, con loro, gli standard
di trasmissione: è in atto un cambiamento che riguarda la fruizione dei
contenuti televisivi complice il second screen, rappresentato da laptop e
tablet.
In questo scenario, dove DTT e TV Sat si confrontano con il
Broadband, è prossimo al debutto il nuovo algoritmo di codifica HEVC,
dedicato ai contenuti HD e 4K e necessario per migliorare l’efficienza
delle reti broadcast terrestri e satellitari. L’efficienza delle reti
rappresenta davvero l’elemento fondamentale della competizione. Non
tutti i servizi sono adatti a tutte le reti di distribuzione: perciò
bisogna comprendere le necessità dell’utente per decidere a chi dovrà
essere data la precedenza.
Alberto Morello, all’inizio del suo intervento all’HD Conference, ripercorre rapidamente i concetti base: “Vi
porto brevemente alcune notizie, raccolte durante l’ultimo DVB World,
che si è tenuto a Madrid. Nel gruppo di lavoro del DVB, di cui sono
responsabile, stiamo lavorando ad una versione evoluta della seconda
generazione: il DVB-S2 Extension, che utilizzerà filtraggi più ripidi
(roll-off del 10% e del 5%) e modulazioni ancora più efficienti come il
64APSK , il 128APSK e il 256APSK per i collegamenti professionali. È un
contributo all’efficienza di trasmissione via satellite: potrebbe essere
necessario migrare verso questa nuova generazione per affrontare al
meglio il passaggio dall’HD all’Ultra HD. Il broadcasting anche per le
pay-tv rimane un elemento centrale: puntano ad una qualità sempre
maggiore e alla prossima sperimentazione del 4K. Il broadband, invece,
avrà un ruolo sempre più importante per i contenuti ‘On Demand’, per i
servizi interattivi e di realtà aumentata: il servizio Sky Go per il
second screen ne è un esempio. Il digitale terrestre, invece, è reduce
del primo digital dividend e aspetta di sapere come verrà gestito il
secondo, approvato dal WRC di Ginevra 2012. L’HD, in attesa
dell’adozione del DVB-T2, è ancora poco presente nonostante i contenuti
ad alta definizione vengano considerati una normalità via satellite, con
la pay tv”.
L’Ultra HD o 4K, per garantire la qualità delle immagini tipica
della risoluzione supportata, richiede anche un frame-rate più elevato: è
indispensabile per non perdere risoluzione quando le immagini si
muovono velocemente. Il frame rate più elevato, però, richiede maggior
banda oppure una compressione più efficace. Un altro argomento sul quale
la televisione fa leva per elevare la ‘user experience’ è il 3D: gli
speciali occhialini, però, non sono sempre graditi dal telespettatore.
Per superare il problema, Dolby e Philips stanno mettendo a punto una
tecnologia autostereocopica da integrare nei display e Sisvel Technology
con il 3DZ Tile Format ha sviluppato uno standard retrocompatibile per
la trasmissione broadcast di questi contenuti, con la mappa di
profondità generata a monte.
Verso il secondo Digital Dividend
Com’è oramai noto, il primo digital dividend ha portato alla riallocazione della banda 800 MHz agli operatori mobili che hanno già pagato queste risorse frequenziali. In questo modo, la piattaforma televisiva è stata ridotta di 72 MHz, pari al 18% della Banda UHF. Durante la Conferenza Mondiale WRC-12 di Ginevra è stato annunciato un secondo digital dividend che prevede, dopo il 2015, la condivisione (su basi co-primarie) della banda 700 MHz tra broadcasting e servizi mobili. Ciò porterebbe ad un’ulteriore riduzione del 30% della Banda UHF residuale. Una decisione che, se attuata, comporterebbe la sostituzione dei filtri di canale per la protezione dei segnali televisivi in fase di installazione in Italia con il lancio dei servizi LTE, con un impatto dal punto di vista commerciale facilmente immaginabile. Mentre da una parte, infatti, il Digitale Terrestre presenta in Italia un’alta penetrazione e propone la possibilità di introdurre nuovi servizi utilizzando nuove tecnologie, dall’altra si parla di rivoluzione digitale, di libero mercato e OTT TV. Ad ogni modo, un dato di fatto è certo: il panorama è in rapida evoluzione e i broadcaster tradizionali sono chiamati a confrontarsi e a prendere importanti decisioni strategiche. Si va delineando un nuovo ecosistema mediatico che include nuovi contenuti audiovisivi e nuovi dispositivi come tablet, smartphone e gli stessi Pc. Attualmente esiste un consorzio globale denominato FOBTV (Future of Broadcast Television), a cui partecipa il DVB, che sta studiando il futuro della televisione terrestre.


Un salto oltre confine

Se spostiamo l’interesse aldilà dei confini nazionali, anche i paesi oltralpe vivono con attenzione questo momento evolutivo delicato. In prima linea la Germania dove RTL, il principale broadcaster commerciale, davanti all’idea di affrontare l’aggiornamento tecnologico richiesto dal DVB-T2 e prima di accettare che un secondo dividendo digitale scompagini gli equilibri, si sta orientando verso l’abbandono del digitale terrestre. Lo stesso Ulrich Reimers, uno dei maggiori conoscitori del mercato tedesco, commentando la drastica decisione, si dice convinto che questo provvedimento potrebbe avere un effetto a cascata su altri operatori; non solo, pone la domanda sull’effetto che l’abbandono del digitale terrestre da parte della Germania potrebbe avere sugli altri paesi europei. Però c’è anche chi afferma l’insostituibile funzione del digitale terrestre nel diffondere i contenuti live ai second screen, come tablet e laptop. Questo, per un semplice motivo: le reti come l’LTE non hanno sufficiente capacità quando il numero di utenti collegati sale esponenzialmente. Una soluzione tecnica per raddoppiare la capacità dei canali DTT ci sarebbe: riguarda la tecnologia MIMO crosspolare che però è improponibile perché la sua implementazione richiederebbe il cambio di tutte le antenne e dei centralini.
Il digitale terrestre è più conveniente

L’intervento di Alberto Morello, Direttore del Centro Ricerche e Innovazione Tecnologica della Rai di Torino, è proseguito con un’analisi dettagliata di questo delicato momento evolutivo per il mercato: «Il 2012 è stato l’anno del sorpasso – ha affermato Morello. Esistono più device IP che consentono di vedere la ‘televisione’ rispetto agli stessi televisori. Non solo, non esiste un singolo mezzo trasmissivo più economico di altri perché tutto dipende dal servizio che si vuole offrire. La tendenza, dunque, è quella di un aumento progressivo in tutta Europa della televisione cosiddetta non lineare; e i numeri parlano chiaro in tal senso. Valutando le possibili evoluzioni degli scenari, la difficoltà maggiore sorge nel momento in cui tutti vogliono portare gli stessi contenuti agli stessi device; ne nascerebbe un problema di efficienza. Se ipotizzassimo di usare la rete IP a banda larga in modalità unicast per portare i segnali televisivi live, questa ‘saturerebbe’ non appena il numero di utenti contemporanei superasse quota 200-400mila, con la conseguente interruzione del servizio per tutti. Allo stesso modo, da un recente studio condotto in Inghilterra sul costo necessario per un’ora di video su IP a definizione standard (vedi figura sopra), è emerso che fino a 30mila utenti internet, l’unicasting avrebbe un costo tutto sommato contenuto, ma se la quota superasse il milione di utenti, lo stesso costo esploderebbe; e sarebbe ancora maggiore sulla rete LTE. Inoltre, il problema non sarebbe solamente legato ai costi, ma anche al buffering. Tutte queste considerazioni, con dati alla mano, fanno pensare senza ombra di dubbio che il broadcast sicuramente ha ancora un futuro».
Il futuro della DDT in Italia

Prosegue Morello nel suo intervento: «La DTT, sebbene più costosa del satellite, ma molto meno costosa dell’OTT, rimane la tecnologia principale per garantire l’accesso universale all’informazione televisiva. Analizzando la situazione nazionale, infatti, l’Italia presenta il 30% delle ricezioni satellitari e il 100% di ricezioni terrestri. Pertanto, in prima battuta, se in Italia vogliamo garantire l’accesso universale all’informazione televisiva, non c’è che il digitale terrestre, almeno per i prossimi 10 anni; secondo, poi, non è possibile oggi dare il via ad un secondo switch off a favore di nuove tecnologie; a poca distanza dal primo, comporterebbe un disagio notevole per gli utenti oltre che un elevato costo dal quale ne trarremmo un bilancio drammatico. L’alta definizione nei prossimi anni diventerà la normalità; pertanto, la soluzione migliore è rappresentata dalla continuazione delle trasmissioni attuali con la tecnologia attuale (DVB-T e MPEG-2) per l’offerta base, e da una migrazione ‘soft’ alll’HDTV attraverso il simulcast, cioè utilizzando le nuove tecnologie (DVB-T2 e HEVC) sulle frequenze residue”.
Oltre l’HDTV
Attualmente l’HDTV rappresenta solo una piccola percentuale dell’offerta digitale terrestre. Nei prossimi 5 anni, però dovrà essere attuata una migrazione completa verso l’HDTV. Considerando tempi ancora più lunghi, saremo in grado di trasmettere anche contenuti 4K. Previsioni, queste, stimate dallo stesso Morello: «Con l’HDTV dovrà essere possibile trasmettere anche contenuti 3D stereoscopici in modo service-compatible e frame-compatible. E l’utilizzo dell’HEVC 1080p/50 apre le porte a formati frame-compatible con risoluzione HDTV/per occhio. Fra qualche anno, presumibilmente verso la fine di questo decennio, potrebbe nascere l’esigenza di introdurre anche nel DTT contenuti 4K e l’aumento della risoluzione degli schermi aprirà la porta all’auto-stereoscopia senza occhiali. È proprio individuata nell’uso degli occhialini, infatti la causa dell’attuale crollo dell’entusiasmo nei confronti della visione tridimensionale. Si stanno studiando tecniche di autostereoscopia, attuabili con monitor che avranno una risoluzione sempre maggiore; la risoluzione 4K e la visione autostereoscopica, pertanto, sono due tecnologie destinate a viaggiare insieme».
Verso il cambio di tecnologia
Dal 2015 il legislatore nazionale avrà la possibilità di:
– Attuare il “second dividend” allocando la banda 700 MHz ai servizi mobili;
– Lasciare tale banda in modo esclusivo ai broadcaster per lo
sviluppo di nuovi servizi (HDTV, servizi video mobili, TV 4k, 3DTV,…)
– Scegliere la condivisione e la coabitazione fra broadcaster e operatori LTE.
In ogni caso, per fare il simulcast dei programmi attuali in HDTV,
bisogna migrare verso un cambio di tecnologia, senza la quale servirebbe
maggiore capacità. Alla stessa Rai, come dichiarato al convegno HD
Forum Italia, non basterebbero gli attuali 5 Multiplex, ma ne
servirebbero di più; i 14 canali SDTV in DVB-T/MPEG-2 richiederebbero 3
MUX e per gli 8 canali HDTV in simulcast DVB-T/AVC occorrerebbero altri 4
MUX. «La soluzione tecnica per l’HD, per avviare una migrazione
completa, risiede senza dubbio nel cambio di tecnologia – ha ribadito lo
stesso Ing. Morello che a conclusione del suo intervento ha puntato
l’attenzione verso l’introduzione di nuove tecnologie. E questa
evoluzione si chiama DVB-T2, già utilizzata in Inghilterra per due anni,
che permette di migliorare l’efficienza spettrale del 30%-50% rispetto
al DVB-T, consentendo di trasmettere non solo per i ricevitori fissi ma
anche per quelli mobili. La stessa legge 46/2012 già prevede il T2 per
tutti i ricevitori del mercato italiano dal 2015. Non solo, oltre a
questa tecnologia, è opportuna anche l’introduzione contemporanea della
codifica HEVC 1080p/50 che permetterà il raddoppio dell’efficienza
rispetto a MPEG-4-AVC e l’utilizzo di formati Frame-compatible e
Service-compatible per il 3D stereoscopico, in grado di fornire una
risoluzione 720p per occhio. Pensiamo, al contrario, a cosa succederebbe
se il second dividend venisse attuato. Non ci sarebbe nessuna
possibilità di evolvere verso questi servizi».
DVB-T2 in via sperimentale in Valle d’Aosta


In una località già teatro di varie sperimentazioni, la Valle d’Aosta, è stata avviata dal Centro Ricerche RAI di Torino, in collaborazione con Ray Way, una fase sperimentale utile a valutare le prestazioni del DVB-T2 nei ricevitori che entreranno nel mercato italiano a partire dal 2015. «Abbiamo scelto ancora l’area della Valle d’Aosta per sperimentare il T2 e fare le prove generali per il lancio di servizi nel 2015 – ha affermato Alberto Morello. In quella regione, infatti, abbiamo due trasmettitori, ad Aosta e Gerdaz, che trasmettono sia segnali in alta definizione che segnali 3D».