Sono principalmente tre i motivi che determineranno un intervento degli installatori: lo spostamento dei canali in banda 700 MHz, l’eventuale aggiunta di un decoder DVB-T2 e l’adeguamento degli impianti con transmodulatori DVB-T. Ma è anche l’occasione, per gli impianti datati, di un’opportuna verifica completa, dalla parte aerea alla distribuzione, fino alla presa utente. 


Per chiarire quando l’installatore dovrà avvisare i propri clienti per evitare disservizi sulla ricezione tv e, quindi, intevenire sull’impianto di ricezione, ripercorriamo le tappe più significative di questo switch-off.

La prima tappa riguarda l’abbandono dei canali in banda 700 MHz. Questo cambiamento rappresenta il primo intervento che l’installatore dovrà compiere sugli impianti di ricezione. In particolare:

negli impianti a filtri di canale sarà necessario verificare se è indispensabile aggiungere nuovi filtri di canale; 

negli impianti con centralino a larga banda con filtri di canale programmabili sarà necessario verificare se i filtri di canale devono essere riprogrammati;

in tutti gli impianti se la provenienza dei segnali TV è rimasta immutata, altrimenti si dovrà procedere ad un nuovo orientamento delle antenne in banda IV/V.

In alcune località delle aree ristrette, sarà necessario un duplice spostamento (sempre in banda 700 MHz) delle frequenze di alcune emittenti che occupano i canali da 50 a 53. Questo potrebbe verificarsi qualora non ci fossero canali liberi dal 21 al 49. In queste località l’intervento degli installatori sarà duplice. 



È interessante sottolineare che:

–  il nuovo piano delle frequenze sarà comunicato da Agcom, dopo aver ascoltato e condiviso eventuali richieste provenienti da emittenti locali;

il Mise emana i decreti direttoriali dove sono contenute le nuove frequenze assegnate alle televisioni;

per le emittenti la garanzia dei diritto di frequenza si è trasformata in diritto di capacità trasmissiva; quindi più emittenti potrebbero condividere lo stesso multiplex:

durante la migrazione nelle aree ristrette viene data la possibilità all’emittente, contestualmente al cambio della frequenza, di migrare dall’MPEG-2 all’MPEG-4.



I prodotti da sostituire nella centrale di testa e il decoder DVB-T2 da aggiungere nell’abitazione

 Come abbiamo  già detto, gli interventi da fare nella centrale di testa sono fondamentalmente di due tipologie: nel caso di impianti a transmodulazione si dovranno sostituire i moduli qualora non compatibili con il DVB-T2 e/o con canale UHF di uscita in banda 700 MHz oltre a riconfigurare/sostituire/riprogrammare i filtri di canale negli impianti realizzati con quella tecnologia. 

La tipologia di impianti a transmodulazione è molto diffusa nel mercato hospitality quindi hotel/alberghi/pensioni, ospedali e case di cura, villaggi turistici, porti e centri residenziali dove la centrale di testa viene condivisa da più palazzi. Per questa tipologia di impianti non sarà necessario sostituire il televisore.

In realtà, non è mai necessario sostituire il televisore perché qualora non fosse compatibile DVB-T2 basterà  un decoder DVB-T2 esterno (megio se ‘smart’) per tornare a vedere come prima.

In ogni caso se il televisore è stato acquistato doop il 1° gennaio 2017 per legge deve essere già compatibile DVB-T2 e HEVC.

Volendo comunque cambiare il televisore si raccomanda di sceglierne un modello ‘smart tv’ perché i programmi televisivi oggi vengono ricevuti da tre piattaforme: terrestre, satellite e rete internet.

L’installatore dovrà verificare anche tutta la rete di distribuzione, per riequalizzare i livelli dei mux distribuiti e sostituire eventuali divisori e partitori con prestazioni inadeguate. Infine, si dovrà proteggere l’impianto di ricezione (in particolare i canali 47, 48 e 49 adiacenti alla banda a 700 MHz) da potenziali interferenze generate dalle stazioni radio base della telefonia cellulare che a breve inizieranno a diffondere i servizi 5G.


Ricezione DVB-T2, l’indagine FUB, in collaborazione con Auditel

L’indagine ha avuto lo scopo principale di ricostruire il parco dei televisori DTT delle famiglie italiane, a novembre 2018, secondo le caratteristiche tecniche di trasmissione (DVB-T, DVB-T2) e di codifica video (MPEG-2, MPEG-4, HEVC) del relativo decoder DTT (integrato o esterno). 

Il numero complessivo delle famiglie che vivono in Italia al 31 dicembre 2016 ammonta a 24.335.352 (Tabella 2). 

Al loro interno, l’universo di riferimento dell’indagine FUB Auditel di novembre 2018 è costituito dalle famiglie che accedono alla TV attraverso la piattaforma DTT: il loro numero ammonta a oltre 21,6 milioni. 

Delle restanti famiglie, circa 2,7 milioni, gran parte di esse (2 milioni) accede alla TV da altre piattaforme (satellite, rete IP), quasi 600.000 dichiarano di non possedere un televisore e circa 43.000 hanno un apparecchio televisivo ma non sono dotati di antenna di ricezione terrestre.

La rilevazione è stata svolta su di un campione rappresentativo delle famiglie italiane dell’universo, composto da 2.936 famiglie intervistate con il metodo delle interviste personali CAPI (Computer Aided Personal Interviewing), effettuate presso l’abitazione principale. 

I dati ottenuti da questa indagine mostrano che meno di una famiglia su cinque (17,9%) risulta pronta, al novembre 2018, al passaggio al DVB-T2. 

Oltre la metà delle famiglie (56,7%) risulta invece essere pronta alla dismissione dell’MPEG-2 ma non a quella del DVB-T. Infine, un quarto delle famiglie (25,4%) non risulta pronta ad entrambi i passaggi tecnologici.

La tabella 3 indica due possibili scenari di diminuzione delle famiglie non abilitate alla ricezione di segnali digitali terrestri, separatamente per la tecnologia di codifica MPEG-4 e per quella di trasmissione DVB-T2. 

I valori delle variabili oggetto di interesse sono stimati per ciascuno scenario in 3 diversi momenti (giugno 2020, dicembre 2020 e settembre 2021).

In particolare, i due scenari ipotizzati sono:

1. Ricambio naturale: scenario elaborato a partire dai dati di domanda FUB-Auditel (acquisto degli apparati TV da parte delle f miglie italiane nel 2017). 

L’analisi di tali dati porta ad ipotizzare un ricambio medio del “televisore principale” delle famiglie italiane in 8,9 anni, secondo l’andamento attuale del mercato, stimato dal lato domanda;

2. Ricambio supportato: scenario elabor to a partire dallo scenario 1, che tiene conto dell’effetto sulla diffusione dei nuovi apparati TV degli stanziamenti a sostegno della domanda previsti dalla Legge di Bilancio 2019 per gli anni 2019-2022, ipotizzando che tali stanziamenti siano completamente utilizzati in ciascun anno di competenza.


Info utili

dvb.org | mise.gov.it | fub.it | auditel.it