Un’operazione resa possibile da una piramide olografica a tre lati e un sistema di proiezioni video in 3D mapping, generato da 10 videoproiettori full laser Panasonic, per un totale di oltre 15 milioni di pixel racchiusi in una sala di un museo.

La Case History che andremo a sviluppare ci riporta indietro nella storia, esattamente nel 520 a.C. ai tempi della civiltà etrusca, grazie ad un’installazione dedicata al Sarcofago degli Sposi riproposta al Museo della Storia di Bologna. Una realizzazione che combina tecniche olografiche, proiezioni video in 3D mapping e suono spazializzato, sviluppata da Cineca con la direzione tecnica di Franz Fishnaller e la regia di Giosuè Boetto Cohen, e realizzata da Acuson in un ambiente narrativo audiovisivo immersivo. L’installazione, è stata sviluppata per poter essere riproposta anche in altre location. Nel nostro caso, per prenderne visione, siamo stati al Museo della Storia di Bologna, dove l’opera è stata riproposta in uno spazio espositivo opportunamente adattato: si tratta della Sala della Cultura di Palazzo dei Piepoli, una sala barocca a cupola alta 15 metri nel punto più estremo. Andiamo a scoprire insieme i dettagli di questa rappresentazione, un esempio brillante di come l’arte è riuscita tecnologia.


Digitalizzazione dell’opera

Riuscire a digitalizzare un’opera funeraria di oltre 2.500 anni non è impresa da poco. È quanto realizzato da un gruppo di ricercatori che è riuscito a rilevare ogni dettaglio di questo capolavoro consegnando un vero e proprio tesoro digitale a Cineca, che a sua volta è stata in grado di realizzarne una versione virtuale in scala reale e successivamente un’installazione emozionale che raccontasse l’opera stessa.


L’immagine rappresenta la sala ripresa dall’alto, dalla parete d’entrata. È possibile vedere ai lati le colonne fissate alle pareti con i videoproiettori Panasonic installati in stacking.

Tecnologia “trasparente”

Tutti i frammenti del sarcofago sono stati digitalizzati. Sono 400 e vengono riproposti all’utente per una ricostruzione 3D mozzafiato dell’opera.
Le immagini suggestive vengono accompagnate da musiche generate da impianto Dolby surround composto da sei casse e 1 subwoofer.

A guidarci nei dettagli di questa elaborazione sono stati stati Antonella Guidazzoli, Head of Visual Information Laboratory Visit lab di Cineca e Gabriele Magagna, Product Manager di Acuson: «L’acquisizione digitale del sarcofago – ci racconta subito Antonella Guidazzoli – è stata un’operazione complessa, resa possibile solo grazie all’estrazione dell’urna dalla teca protettiva, nonché alla sua apertura, utile tra l’altro per acquisire nuove informazioni e documentazione, in previsione di un futuro restauro. Un lavoro portato a compimento grazie all’utilizzo di tecniche fotogrammetriche e scansione laser, realizzato da un team di ricercatori del CNR, dell’Università di Bologna e della Fondazione Bruno Kessler. A dare seguito alle operazione di raccolta ed elaborazione dati, due figure di spicco: il regista Giosuè Boetto Cohen, impegnato sempre in prima linea nella realizzazione di innovativi progetti di valorizzazione del patrimonio culturale, che da tempo collabora con Cineca; Franz Fischnaller, pioniere di fama internazionale, professionista nella realizzazione di installazioni virtuali tra tecnologia ed arte. Entrambi sono stati in grado di valorizzare l’installazione all’interno del percorso espositivo che prevedesse una regia ad hoc, sia artistica che tecnologica. Non solo – prosegue Antonella Guidazzoli – i contenuti archeologici, sostenuti da musiche e da suggestioni creative, sono stati affiancati da una tecnologia tanto raffinata quanto capace di farsi trasparente. Il tutto guidato da una sapiente regia tecnologia, in grado di dare vita al plot dell’installazione ed di inserirsi nella catena di produzione ICT basata su Blender e su un ambiente di lavoro collaborativo interdisciplinare e filologico, propri del laboratorio Visit (Visual Information Technology) di Cineca».


I requisiti dell’installazione

La sala del Museo della Storia di Bologna vista nel suo insieme durante il mapping.

«L’operazione dedicata al Sarcofago degli Sposi – sottolinea Antonella Guidazzoli – mira a raggiungere un pubblico internazionale ampio e di tutte le età. In prospettiva, questa installazione darà modo di valutare il coinvolgimento emozionale dei visitatori, a partire da registrazioni secondo protocolli già standardizzati, fino ai nuovi approcci delle neuroscienze. Inoltre, la ricchezza del dataset digitale consentirà lo sviluppo di ulteriori applicazioni crossmediali e nuove installazioni che prevedano l’interazione da parte dei visitatori». Ma caliamoci nel cuore dell’installazione e cerchiamo di capire, insieme a Gabriele Magagna di Acuson, quali sono gli aspetti tecnologici predominanti messi in pista all’interno del Museo della Storia di Bologna. Le esigenze principali erano:
1) Realizzare una visualizzazione 3D in scala reale;
2) Limitare le barriere tecnologiche tra opera e visitatori;
3) Coinvolgere tutto lo spazio espositivo della Sala della Cultura nel contesto narrativo;
4) Rendere l’installazione trasportabile, replicabile e adattabile ad ulteriori spazi espositivi.


10 proiettori full laser laterali e due server da 6 canali

Sono 13 i videoproiettori che, combinati, generano immagini in alta risoluzione a copertura di una superficie totale di 360 mq.

Si è optato per una soluzione integrata di 3D video mapping architetturale combinato con un sistema olografico. L’effetto 3D che ne è derivato, all’interno di questo ambiente, è molto suggestivo, e si rifà agli oltre 400 frammenti trovati che, ricomposti, danno vita al Sarcofago degli Sposi. Un’esperienza suggestiva vissuta dagli utenti, che improvvisamente si ritrovano nel bel mezzo dell’esplosione di centinaia di microframmenti una volta entrati in questa stanza. «Non essendo ancora mature le tecnologie auto-stereoscopiche, l’installazione è resa possibile grazie ad una piramide olografica a tre lati e su un sistema di proiezioni video in 3D mapping, a copertura di una superficie totale di 360 mq. Un effetto reso possibile dai proiettori Panasonic installati uno di fianco all’altro che insieme generano 2000 pixel in altezza e 8000 in larghezza, dando vita ad un grande mapping che si spinge fino a 12 metri di altezza – ci racconta Gabriele Magagna. Il tutto possibile grazie ad un grande calcolo unico, suddiviso per ogni singola unità e gestito da
due server sincronizzati da sei canali d’uscita ciascuno, per un totale di 12 canali. Le superfici delle pareti sono state suddivise in due parti orizzontali, sulle quali lavorano un totale di 10 proiettori laser: la parte bassa, fino a quota 4 metri, coperta da un totale di 4 proiettori, due laterali e due centrali che lavorano in Edge Blending; la parte superiore, a copertura di una superficie di 14 metri di base per 8 metri di altezza, gestita da 6 videoproiettori laser, due per ogni parete, installati in stacking per una maggiore luminosità per immagini più grandi. Questo tipo di proiezione serve per fare il mapping delle pareti e, in momenti diversi, proiettare i contenuti di un film che dura poco più di 10 minuti. Come suggerito da Panasonic, abbiamo utilizzato il software Geometry Manager Pro per ogni singolo proiettore, per facilitare l’Edge Bending ed abilitare lo stacking, a garanzia di una qualità precisa. Per ancorare i videoproiettori sono stati installati dei tralicci di alluminio, fissati alle pareti per una maggiore stabilità, e sono state utilizzate delle staffe di ancoraggio come sostegno per ciascun dispositivo, soprattutto per quelli utilizzati in modalità stacking».


Proiettori nel blocco centrale

«Nel blocco centrale è stata posizionata una struttura con una base di 4×2 metri, alta 3, dove sono stati installati 3 proiettori: per generare l’effetto 3D nelle varie posizioni (centrale, laterale, destra e sinistra) proiettano le immagini su una pellicola, attraverso uno schermo semitrasparente. Pertanto – prosegue Magagna – l’immagine del videoproiettore che esce è un’immagine monodimensionale che prende profondità attraverso la pellicola. In occasione dell’inaugurazione, mantenuti anche per alcune sessioni successive, sono stati utilizzati ulteriori 2 videoproiettori da 15 mila Lumen, che puntavano dritto al soffitto»


Costi di manutenzione ridotti

«La scelta dei videoproiettori al laser non è stata casuale. Se ne conoscono i benefici: non necessitano del cambio lampada, così come non va sostituito alcun filtro dell’aria. Per una struttura come un museo che ospita costantemente e quotidianamente centinaia di persone, ridurre la manutenzione al minimo è un vantaggio notevole che non comporta alcuna interruzione del servizio. Non solo, queste macchine non hanno cali di luminosità e mantengono costante la colorimetria. Il tutto si traduce in immagini brillanti ed incisive, che restituiscono un’alta risoluzione».


Sistema controllato da remoto

«L’installazione è tutta in network – ci dice Gabriele Magagna. I sistemi sono collegati in HDBaseT, pertanto con un unico cavo di rete siamo in grado di dar vita al controllo dei dispositivi. L’impianto, infatti, è collegato ad un sistema AMX di controllo remoto, che consente il check di tutti i parametri dell’impianto oltre che favorirne le operazioni di accensione e spegnimento».


I videoproiettori utilizzati per la visione tridimensionale

Proiettore Panasonic PT-Rz670

Per la ricostruzione fedele di questa importante opera storica
sono stati utilizzati 10 proiettori Panasonic full laser serie
PT-RZ670 con ottica HD zoom wide angle 0.8-1:1. Con una
combinazione di proiezione in stacking ed edge blending, è stato
possibile dar vita ad una ricostruzione stereoscopica dell’urna
funeraria, per un effetto sorprendente. La luminosità di 6.500 Ansi
lumen e il basso TCO ottenuto grazie all’assenza di manutenzione,
sono aspetti fondamentali per l’ambito museale. Il corpo
illuminante del proiettore ha una vita accreditata di 20mila ore.


La realizzazione dei contenuti: dai rendering alla messa in opera

Nell’immagine, scattata durante la rappresentazione stereoscopica, è possibile vedere i videoproiettori Panasonic installati in stacking.
Alle combinazioni 3D vengono affiancate le proiezioni di immagini e scritte che favoriscono il racconto dell’opera.

L’installazione del Sarcofago degli Sposi è stata progettata per essere riproposta anche in altre location con opportuni adattamenti, così come successo nella Sala della Cultura di Palazzo Pepoli, sede del museo della Storia di Bologna, dove è stata adattata allo spazio di esposizione. Per la proiezione sono state utilizzate tre pareti, per una superficie di 30 metri di larghezza per 12 di altezza, integrandola con l’installazione olografica; una struttura a piramide con ingombro di 4,6 x 2,4 metri e alta 3 metri.
La realizzazione dell’installazione ha visto come prima fase, una volta acquisito il modello digitale del sarcofago, la ricostruzione 3D della Sala della Cultura. Il modello è stato realizzato con tecnica fotogrammetrica mediante i software: PhotoScan, MeshLab Blender.
Si è quindi fatto ricorso alla Blender Render Farm Cineca per produrre i rendering dei singoli frame di 10Kx3K di risoluzione. La Render Farm utilizza il supercalcolatore PLX, una tra le macchine più performanti oggi presenti in italia al supporto sia nell’industria che della ricerca. PLX è dotata di 274 nodi, per un totale di 3288 core Intel Westmere 2.40 GHz. Ogni nodo, inoltre dispone, di 2 acceleratori grafici NVIDIA Tesla M2070, 48 GB di memoria e connettività Infiniband. Il montaggio è stato realizzato in Adobe Premiere appoggiandosi alla workstation Dell (8 core, 16 virtuali), con scheda grafica Nvidia Quadro, che funziona in abbinamento ad uno schermo di 9,4×2,7 metri, per una migliore percezione dell’effetto finale.
Infine, grazie a FFTW, sono stati ritagliati i segmenti di video per ciascun proiettore, non solo quelli per la videoproiezioni sulle pareti della sala, ma anche quelli del sistema della piramide olograficha, fornita da Glimm e progettata ad hoc per una visualizzazione in scala reale del Sarcofago.


Audio e Luci

A corredo della parte video, è stato installato un impianto Dolby surround composto da 6 casse più un subwoofer, utilizzando della casse K-Array già in dotazione del museo, alle quali è stato aggiunto un subwoofer. Nello specifico, i dispositivi utilizzati per la parte audio sono:
– 4 diffusori K-Array KR102
– 4 diffusori K-Array Tornado KT20
– 1 subwoofer Genelec 7060A
– 1 mixer Crest Audio X18RM
– 1 processore dinamico DBX Driverack 260
– 2 Finali di potenza QSC modello RMX
Infine, l’impianto luci completa l’intera installazione, con l’impiego di 12 sagomatori Super lucciola da 75 W/12 V e un dimmer System light Kit 12 canali-12 A DMX.