A Trento, inaugurata la nuova sede del MUSE, il Museo delle Scienze. Oltre 12.600 mq, 7 piani e un impianto da 500 dispositivi, tra cui i monitor da 80” e i videoproiettori Laser+LED Panasonic, schermi olografici, multitouch, ecc. Una struttura unica, scopriamola insieme.

La Case History che andremo ad affrontare rappresenta uno dei connubi più riusciti tra natura, ambiente e tecnologia. Siamo entrati al MUSE, il Museo delle Scienze di Trento, una struttura veramente unica nel suo genere, che ad oggi rappresenta un’eccellenza sia in ambito nazionale che internazionale. Oltre 12.600 metri quadrati, tra spazi espositivi, uffici, laboratori, ecc., distribuiti su 7 piani e strutturati per far vivere al visitatore un’esperienza davvero singolare, una vera e propria centrifuga di sensazioni emozionali. Visitarlo, ha significato diventare tutt’uno con l’ambiente circostante: ripercorrere la storia della vita sulla Terra dalle origini fino ad oggi e apprezzare, in modo quanto mai diretto, il patrimonio naturale del pianeta, attraverso un percorso naturale ed ambientale. Un’occasione unica, tra l’altro, per approfondire le tematiche della biodiversità, della sostenibilità e dell’evoluzione.


La struttura: 7 piani a favore dei visitatori

Disegnato dall’architetto di fama mondiale Renzo Piano, il museo si sviluppa su sette livelli, due dei quali interrati. La vista esterna dell’edificio rievoca i versanti montani mentre, all’interno, le aree si presentano con un allestimento tipico di un museo di nuova generazione, con ampi spazi e percorsi espositivi corredati da installazioni multimediali d’avanguardia. Abbiamo affrontato questo percorso “esplorativo”, che annovera un impianto con oltre 500 dispositivi, insieme agli esponenti di Acuson, il system integrator che unitamente alle altre aziende coinvolte, Goppion e Asteria, ha contribuito alla realizzazione di un’opera così complessa e strutturata.

La struttura del MUSE è stata disegnata dall’architetto Renzo Piano.

Perfetto lavoro di squadra

Come in una vera e propria scalata, due rocciatori agganciati alle funi e sospesi nel vuoto hanno provveduto all’installazione degli schermi olografici.

«La realizzazione di un progetto così ampio è stata possibile solo grazie alla collaborazione di tutte le forze messe in campo per la riuscita di quella che può essere chiamata una vera e propria impresa, per i tempi e la complessità dell’opera – ci dice subito Angelo Nicolosi, direttore tecnico e supervisore dello svolgimento di tutte le operazioni di sviluppo del progetto multimediale. Abbiamo seguito una tabella di marcia serrata, durante la quale ogni azienda o professionista coinvolto ha saputo dare una risposta convincente alle esigenze del museo. C’è stata un’interazione costante e, pezzo dopo pezzo, abbiamo superato tutte le complessità del caso, finanche quella legata alla ricerca delle specifiche soluzioni innovative da installare. Un lavoro coordinato, dunque, portato a termine secondo i dettami di un’installazione moderna e realizzato rispettando tutti i principi di design e architettonici, comprese le norme che governano l’ambiente».

Briefing, progettazione, approvazione dei progetti
«Quando siamo entrati, la struttura presentava già un fascino notevole ci confida Angelo Nicolosi. Il nostro compito era quello di renderne gli ambienti il più possibile multimediali. Ne abbiamo sviluppato la progettazione isola dopo isola, piano dopo piano, dai livelli interrati fino alla parte più alta. Appena messo piede nel museo ci siamo resi conto sin da subito che non saremmo andati incontro alla classica progettazione. Il lavoro da sviluppare si presentava complesso e articolato. La riuscita finale della progettazione, infatti, sarebbe dovuta passare attraverso molteplici variabili e avremmo dovuto tener conto del grandissimo spazio da coprire e del fatto che ogni giorno, quei luoghi, sarebbero stati visitati da migliaia di persone. Pertanto, superati i primi briefing iniziali, abbiamo dato vita alla progettazione riuscendo a presentare tutte le tavole nell’agosto 2012; oltre 250 micro progetti “disegnati” da Niccolò Garolini, rappresentanti ogni singolo exhibit, corredati voce per voce del cablaggio necessario e dei dispositivi da utilizzare. Ogni progetto, messo al vaglio da un pool di professionisti che ne ha studiato punto per punto i molteplici passaggi, è stato ricalibrato e rimodulato secondo le esigenze specifiche. Da lì, ci sono voluti oltre nove mesi di incontri per mettere a punto nel dettaglio, isola per isola, la progettazione utile alla realizzazione di tutti gli impianti da eseguire all’interno del museo».


Preparazione alla fase esecutiva

Sono oltre 100 le isole del museo, contenenti più di 250 exhibit.

In media, in modo costante e per quasi un anno, è stato istituito un appuntamento a settimana necessario per incontrare tutte le aziende coinvolte nel progetto; circa 4 appuntamenti al mese che ha visto coinvolte oltre venti persone alla volta, tra direttore del museo, curatori scientifici, responsabili delle aziende, responsabili del cantiere, unitamente al nostro team di lavoro e al pool di architetti di Renzo Piano. «Sono state coinvolte diverse società italiane, come software house o società di produzione, per la realizzazione di tutti contenuti multimediali – ci conferma Gabriele Magagna, Product Manager di Acuson. Non è stata, dunque, un’installazione classica, ma ha visto coinvolte diverse figure professionali ed è stata necessaria una cura particolare per la realizzazione del tutto. Ogni singola progettazione, inoltre, è stata approvata dal committente e dal gruppo del Comitato Scientifico. Come prevedibile, tra l’altro, sono state svariate le modifiche apportate durante lo sviluppo che andava dal primo modulo di progettazione alla realizzazione finale dell’opera».

Solo tecnologia di ultima generazione
«Devo sottolineare che tutto il lavoro è stato eseguito dall’intera squadra di aziende coinvolte, in modo esemplare – prosegue Gabriele Magagna. L’attenzione di ogni singola persona coinvolta nella riuscita dell’installazione era rivolta ad un solo obiettivo: produrre il meglio per la consegna finale. Per dare un’idea di quanto era importante consegnare un prodotto al top, gli ordini dei nostri apparati tecnologici sono stati fatti poco tempo prima che inaugurassimo il museo. L’intento era quello di presentarci alla consegna dei lavori con tecnologia di ultima generazione. Non a caso abbiamo installato, tra gli altri, dei monitor 20” ad alta definizione, multitouch a 10 tocchi, non ancora prodotti ai tempi dello svolgimento dei lavori; abbiamo utilizzato i videoproiettori Laser+LED della Panasonic, così come gli ultimi schermi olografici immessi sul mercato, e così via».


Interazione con gli animali esposti

Il Tunnel del Ghiacciaio, un’area che presenta otto videoproiettori super wide angle 16:9, sulle cui pareti vengono proiettati i filmati in HD.
Sono circa 70 i monitor installati nel museo. Nell’immagine il display da 80” di Panasonic.

Il MUSE ha quasi stravolto le regole classiche che obbligano i visitatori di questi luoghi esclusivamente ad osservare gli oggetti, i reperti o le installazioni presenti nelle gallerie espositive. «Come da briefing iniziale, il Museo di Trento ha lanciato il concetto di interazione, che consente agli ospiti di immergersi nel contesto circostante. I visitatori possono toccare delicatamente gli animali esposti, sfiorarne ad esempio le piume o la pelle per avvertire la natura, la consistenza. Non solo, la visita diventa ancora più intensa quando, grazie a dei sensori o sonde laser che rilevano la presenza di persone, fanno partire dei suoni che richiamano i versi degli animali posizionati in quella determinata area del museo. Sono diversi, oltretutto, i piccoli percorsi istituiti in mezzo alla natura che, attraverso un mix di suoni e proiezioni video, consentono al visitatore di vivere un’esperienza unica nel suo genere».

Per avere contezza di quanto sia grande l’opera realizzata per il Museo di Trento, basta scorgere velocemente la tabella relativa ai dispositivi impiegati per la progettazione. «A bocce ferme, al termine del processo installativo, ripercorrendo un po’ di cifre ci siamo resi conto di quanto è stato prodotto – continua nel suo intervento Angelo Nicolosi. A spiegarlo, basta solo il dato relativo al cablaggio, realizzato interamente dal nostro team di lavoro. Considerando che abbiamo impiegato circa 80 metri di cavo a tratta, per 500 punti di rete, si parla di oltre 40 km di cavo UTP, oltre a 20 km destinati ai cavi di alimentazione. Ogni postazione progettata dal pool di architetti di Renzo Piano, è stata raggiunta con dei cavi di acciaio, fatti scendere punto per punto , con un cablaggio molto puntuale, oltretutto interamente nascosto affinché non risultasse invasivo in un contesto che rievoca la natura e le meraviglie ambientali. Naturalmente, per far fronte alla complessità dell’opera, abbiamo messo in piedi un team di lavoro composto da gente esperta con una maturata esperienza alle spalle, composto da responsabili informativi, programmatori, nonché responsabili hardware, impiantisti elettrici, progettisti, ecc.».


Intelligenza distribuita con oltre 500 dispositivi

Lo schema a blocchi
Grazie al supporto tecnologico, il percorso di visita del museo diventa immersivo ed emozionale.

Come un vero e proprio puzzle tecnologico, tutte le isole presenti all’interno delle aree espositive sono dotate di un impianto progettato per ogni esigenza e tarato meticolosamente per fornire l’effetto emozionale al visitatore. In un locale tecnico del MUSE è stato collocato un server centralizzato per accensione, spegnimenti e relativi controlli degli apparati multimediali, compresi i settaggi dei relativi cicli di lavoro dei dispositivi, soprattutto come nel caso specifico dei PC. Ne è risultato un sistema tipicamente di digital signage, se consideriamo che collegati in rete ci sono oltre 500 dispositivi, tra media player, pc, monitor, touchscreen, video proiettori, videocamere, ecc. «Nel caso del MUSE l’intelligenza è stata distribuita da cima a fondo in tutto il museo – spiega Nicolosi. Ogni dispositivo, dovendo rispondere a dei canoni prestabiliti ha superato una rigida selezione: massima efficienza, basso consumo, dimensioni ridotte, durata, ecc. Sotto l’attenta analisi del Comitato Scientifico, sono state allestite oltre 100 isole, contenenti più di 250 exhibit, ad ognuno delle quali è stato associato un curatore scientifico, proveniente dagli ambienti universitari. Tutto meticolosamente testato più volte, dai PC ai media player video allocati vicino ai punti d’informazione o sotto i tavoli di vetro, dai monitor di spessore minimo, da 29 mm con tecnologia IPS, ai videoproiettori altamente luminosi e capaci di rispondere a prestazioni di lunga durata, dalle pellicole multitouch, applicate su vetro, agli schermi olografici, di diversi dimensioni inseriti da cima a fondo in mezzo ai cavi di acciaio del grande vuoto centrale. Senza tralasciare il sistema di sicurezza, per il quale abbiamo integrato 10 telecamere aggiuntive».

Nel museo si contano circa 50 diffusori acustici, per i quali è stata effettuata una calibratura molto particolare ed accurata, essendo notoriamente un’operazione complessa riuscire ad armonizzare bene il suono e riprodurre un buon audio in un ambiente disseminato di lastre di vetro. Oltre ai cinquanta altoparlanti, sono stati utilizzati inoltre 10 diffusori acustici direzionali, che corrispondono ai dieci proiettori laser installati nelle parte centrale del museo. Sincronizzati con lo spostamento delle immagini, questi diffusori gestiscono il suono che arriva da ogni piano e contribuiscono a far percepire meglio il movimento delle immagini. In questo modo, in uno spazio che gioca sulle trasparenze come quello della parte centrale del museo, l’effetto provocato dal vedere delle immagini e percepirne il movimento anche dal suono risulta ad alto impatto emozionale.

Il sistema, è controllabile da remoto e, collegato con tutti gli apparati, ne prevede il monitoraggio costante per ognuno di essi, oltre a segnalarne le eventuali anomalie indicando quando intervenire. La struttura di rete prevede l’aggiornamento automatico dei dispositivi, nonché il rinnovamento degli stessi contenuti audio video. Non solo, una volta spento il server e avviato pertanto il ciclo di raffreddamento dei videoproiettori e il ciclo di shutdown dei PC, si può intervenire con il sistema generale di controllo della struttura e comandare lo spegnimento elettrico degli altri apparati, nonché la regolazione e lo spegnimento delle luci, la riduzione della temperatura, ecc. Pertanto, il controllo è totale, con la possibilità di riscontrare in qualsiasi momento tutti i progressi registrati dall’impianto.


Dentro il museo: le macroaree

Nella parte centrale del museo alta oltre 20 metri denominata Big Void sono stati installati 10 schermi olografici e altrettanti videoproiettori.
Il museo si compone di 7 piani, per oltre 12.600 mq e annovera un impianto da 500 dispositivi.

Ad accompagnarci nella descrizione di alcune tra le aree significative del museo, Marco Bagnati, responsabile della progettazione esecutiva CAD: «La struttura del museo ha una forma particolare, che presenta una parte centrale vuota a forma piramidale chiamata Big Void, il Grande vuoto appunto, dove sono stati esposti diversi animali imbalsamati – ci spiega Marco Bagnati. In quest’area siamo intervenuti installando gli schermi olografici in combinazione abbinata con i videoproiettori. Per riuscire a portare a termine l’allestimento, è stato costruito un ponteggio necessario all’installazione di tutti cavi e i sistemi di aggancio utili per il lavoro svolto successivamente dai tecnici delle funi. Smontato il ponteggio, infatti, come in una vera e propria scalata, sono stati i rocciatori a fissare tutti i dispositivi da cima a fondo, dagli schermi olografici ai videoproiettori. In quest’area, abbiamo previsto 10 di questi schermi, nelle dimensioni miste da 50, 60 e 67 pollici, in formato 16:9. Naturalmente, a questi schermi sono abbinati altrettanti videoproiettori, a tecnologia ibrida Laser+LED, della Panasonic e attraverso un sistema di sincronizzazione audio e video, in questa parte del museo partono sistematicamente suoni e immagini di natura, che coincolgono lo spettatore in modo continuo. Molto interessante anche il tunnel dei ghiacciai dove sono stati installati otto videoproiettori super wide angle 16:9, per una doppia proiezione a 180 gradi che simula un volo d’aquila sopra le cime delle più alte vette alpine. Sulle pareti del tunnel, infatti, vengono proiettati due filmati in HD, lasciando il campo ad immagini mozzafiato e regalando al visitatore l’emozione realizzata dalla travolgente visione di diversi scenari, sempre accompagnata dall’audio sincronizzato. Infine, nello spazio denominato Time Machine, viene ripercorsa la storia della presenza dell’uomo nella regione alpina dal periodo paleolitico all’età dei metalli, ricostruita con vari passaggi. In questo caso sono stai impiegati 6 videoproiettori wide angle che proiettano le immagini su delle lastre di vetro inclinate e semitrasparenti disposte a 360° intorno ai visitatori».

«La chiave del successo di tutta la progettazione è stata senza dubbio la fase pre installativa – ci tiene a sottolineare Gabriele Magagna – durante la quale tutta la macchina organizzativa ha saputo mettere in pista le sinergie giuste per iniziare il lungo lavoro che poi è stato fatto per portare a termine la progettazione. Non solo, per dare l’idea di quanto fosse importante produrre il meglio per la riuscita del progetto, basti pensare che in alcune circostanze, dopo aver collaudato dei dispositivi AV a progetto, sono stati sostituiti con altri prodotti di ultima generazione, per soddisfare l’esigenza dello spazio espositivo».


La parola al committente: Lavinia Del Longo, coordinatrice del progetto MUSE

Dopo un’installazione così imponente, abbiamo deciso di ascoltare la voce di chi l’impianto lo vede in azione quotidianamente. Lo abbiamo fatto con Lavinia Del Longo, responsabile sviluppo del Museo delle Scienze di Trento: «Il Museo di Storia Naturale di Trento trova la sua origine alla fine ‘800 e nei secoli ha cambiato diverse sedi – ci racconta Lavinia Del Longo. Negli ultimi trent’anni ha svolto la propria attività in una sede storica della città, a palazzo Sardagna, un edificio rinascimentale prestigioso, corredato da affreschi e stucchi oltre a caminetti e portali in pietra. Un aspetto, questo, che poneva diversi vincoli sugli allestimenti e ne limitava l’ammodernamento della struttura, severamente protetta dalle Belle Arti; oltretutto era piuttosto limitato nelle dimensioni, con poco spazio espositivo e capacità d’espansione pressoché nulla».

La svolta: verso un concetto di museo moderno
«È stato a partire dal 1992, sotto la guida del nuovo direttore Michele Lanzinger attualmente in carica, che il museo ha imboccato una strada di crescita radicale, passando dalla versione tradizionale ad un concetto moderno di museo. Una rivoluzione partita gradualmente e protrattasi per una decina di anni, istituendo i servizi educativi, promovendo le mostre temporanee, in particolare quelle interattive, creando dei veri e propri eventi legati all’attività del museo. Dopo un’intensa ricerca fatta attraverso la visita a diversi musei sparsi per il mondo, e l’analisi dei cosiddetti centri della scienza, è maturata l’idea di trovare una sede adeguata per un museo che fosse il più possibile all’avanguardia. Così, grazie anche al supporto delle istituzioni, è partita tutta la progettazione del nuovo Museo delle Scienze di Trento. Bisogna entrare nell’ottica che i musei che non sono solo luoghi espositivi, ma rappresentano anche spazi vivaci, pertanto interattivi e fortemente comunicativi. Per tale ragione, per il nuovo MUSE, abbiamo immediatamente pensato ad un allestimento di forte impatto, prevedendo l’inserimento delle nuove tecnologie; addirittura abbiamo realizzato un vero Fab Lab (Fabrication Laboratory) all’interno, un laboratorio di tipo informatico per lo sviluppo della creatività e dello spirito di innovazione dei giovani visitatori».


Aperto il fronte alla tecnologia

«L’idea di base è stata quella di creare degli allestimenti completamente nuovi, inediti anche nel panorama dei musei a livello internazionale – prosegue Lavinia Del Longo. Abbiamo subito pensato a delle installazioni immersive, con l’uso di videoproiezioni di grandi dimensioni, possibili anche grazie alle scelta di alcuni tra i modelli proposti da Panasonic, che potessero in modo del tutto innovativo coinvolgere in modo globale il visitatore nel suo percorso esplorativo all’interno del museo. Tutto è stato possibile grazie ad un grande lavoro di squadra, fatto con dedizione professionale e grande passione, che è riuscito anche a bypassare le classiche divergenze che solitamente nascono tra le esigenze funzionali e quelle estetiche».

Dispositivi attivi 12 ore al giorno
L’inaugurazione del museo con i nuovi impianti installati, che ha visto la struttura aperta per 24 ore di seguito, ha annotato la presenza di circa 30mila persone; da allora, si registrano quotidianamente flussi di visitatori che superano le 2.000 persone con dei picchi, durante il weekend, di oltre 3.000 visitatori. «Dal giorno dell’inaugurazione ad oggi sono passati oltre sei mesi e, ad oggi, la risposta dell’impianto è stata ottima – ci dice Angelo Nicolosi. Se pensiamo che i dispositivi lavorano in media oltre 12 ore al giorno, a distanza di molti mesi possiamo immaginare lo “stress” al quale vanno incontro queste macchine. Eppure, non è stata annotata alcuna criticità».

I numeri di un successo annunciato
Sin dal giorno dell’apertura, il coinvolgimento dei visitatori è stato globale e, seppure previsto, è andato oltre le aspettative più rosee: «Il riscontro è stato ottimo – ci conferma Lavinia Del Longo. Abbiamo registrato più di 200mila visitatori in meno di sei mesi, una cosa impensabile prima d’ora per una città di 100mila abitanti come è quella di Trento. Solo nel mese di dicembre dello scorso anno abbiamo registrato quasi 46.000 visitatori, con giornate di affluenza massima pari a oltre 6mila persone. Non solo, ben il 66% dei visitatori provengono da fuori provincia. Come si può immaginare, con questi numeri, il museo ha riscosso un notevole consenso sia in ambito nazionale che internazionale».