Rendere tangibili le teorie della scienza e provare ad andare oltre i limiti della conoscenza: un esperimento reso possibile grazie all’utilizzo di 18 videoproiettori NEC e alle installazioni interattive in mostra per 7 mesi al MUSE di Trento.


Il museo MUSE di Trento, oggi, rappresenta una degli spazi espositivi maggiormente attivi su scala nazionale ed internazionale. È una struttura d’avanguardia, decisamente da visitare, che durante l’anno ospita al suo interno un susseguirsi di mostre, percorsi educativi, allestimenti in continua evoluzione e tutta una serie di attività corredate, tipiche del mondo museale. Rispetto ai classici musei, però, quello del MUSE ha dalla sua l’inserimento di un’alta percentuale di tecnologica, adeguatamente installata per rendere maggiormente interattiva ed emozionale la partecipazione di ogni visitatore. Questo grande spazio espositivo, oltre 12mila mq distribuiti su 7 livelli, ci vede ospiti per la seconda volta, dopo l’intervento realizzato in occasione della sua inaugurazione. In questo caso, attraverso le pagine della seguente case history, andremo a descrivere un’articolata installazione, voluta dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare con la partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana.




Allestimento tecnologico a favore della conoscenza

I sensori installati alle pareti hanno favorito al meglio ogni possibile interazione.

“Oltre il limite”, questo il nome della prima mostra temporanea del museo MUSE di Trento, tenutasi dal 9 novembre 2014 fino allo scorso 14 giugno. Un viaggio ai confini della conoscenza, intrapreso per varcare le frontiere della fisica e ideato per affrontare da vicino temi importanti, quali:
– Il Bing Bang
– L’infinitamente piccolo
– L’infinitamente grande
– Le relazioni tra materia ed energia
– L’antimateria
– Il tempo e la sua natura
spingendo l’esperienza fino ai limiti della mente e delle tecnologia scientifica. In questo contesto, la tecnologia ha assunto un ruolo fondamentale, vista la nutrita presenza di videoproiettori, monitor, exhibit interattivi, allestimenti video, sensori, telecamere, ecc. Nello specifico, a farla da padrona, una nutrita schiera di videoproiettori NEC, installati in più punti degli oltre 400 mq messi a disposizione per questa mostra.


Visitatore immerso nelle istallazioni

A seguirci in questo viaggio alla scoperta degli spazi allestiti al MUSE, Walter Farioli e Marco Barsottini, rispettivamente CEO di Neotech e Design Multimedia Manager di camerA nebbia, che si sono occupati in prima persona di tutto il progetto installativo. «Oltre il limite rappresenta una raccolta di studi e lavori fatti per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare negli ultimi anni – ci rivela subito Marco Barsottini. Sono diverse le mostre realizzate per l’INFN in Italia a partire dal 2009, questa rappresenta una sorta di raccolta, un concentrato espositivo unico realizzato nello stesso luogo: il MUSE di Trento. Ed è stata voluta dall’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, che in cooperazione con il CNR di Ginevra, sta gestendo tre principali esperimenti sull’acceleratore di particelle LHC. Al suo interno, i contenuti scientifici sono stati distribuiti lungo tutta l’area e chi ha visitato la mostra, a tratti, ha avuto la sensazione di essere totalmente immerso nelle installazioni. Per una fedele realizzazione degli spazi, infatti, abbiamo improntato una serie di riunioni con i fisici per cercare di trasformare le teorie e i dati in qualcosa di ludico e accattivante per i visitatori. Inoltre, abbiamo progettato nel dettaglio l’esperienza sensoriale da far vivere ai visitatori, consentendo ad ogni partecipante di usare il proprio corpo per provare i vari esperimenti di fisica».

L’esperienza del visitatore è risultata immersiva. Ogni spettatore è stato coinvolto interattivamente rispettando le leggi dei corpi e delle forse in gioco.

La scelta dei videoproiettori

Tutta la mostra è stata un susseguirsi di interazioni, simulazioni, interviste video, distribuite lungo uno degli ultimi piani del museo. Un’area che da un lato affaccia su uno spazio sottostante molto alto, la cui parete frontale è stata sfruttata per una proiezione imponente di oltre 12 metri.
«Sono diversi i videoproiettori utilizzati per questa mostra – ci dice Walter Farioli. Prima di inoltrarci nell’installazione e capire quali videoproiettori impiegare, abbiamo analizzato accuratamente gli spazi e le modalità di rappresentazione video, oltre a verificare quali fossero i dispositivi da utilizzare già in possesso della struttura. La scelta è ricaduta sui videoproiettori NEC più prestazionali, quelli della nuova serie PA622, perché garantivano una luminosità maggiore in un ambiente non totalmente oscurato. Non solo, dovendo dar luogo a delle proiezioni in stacking, abbiamo sfruttato al meglio la nuova forma dei nuovi proiettori di questa serie, i quali presentano la parte superiore totalmente piana che ne agevolano il posizionamento uno sull’altro, facilitando così le installazioni di questo tipo. Infine, le ottiche hanno completato al meglio il processo di calibrazione delle immagini».


Tabella che illustra i dispositivi utilizzati nel museo

Cinque macro installazioni tematiche

Sono cinque le aree tematiche previste all’interno della mostra Oltre il limite, tutte corredate da interviste video di approfondimento:
– Reti Spazio Tempo
– Bosone
– Spazio extradimensionale
– Onde e Particelle
– Espansione dell’Universo
Come si può vedere dallo schema di fianco riportato, oltre a questi spazi, sono stati previsti al centro della sala 4 tavoli d’approfondimento, quattro diversi mapping, anche in questo caso realizzati con videoproiettori NEC. «L’intera installazione della mostra è stata realizzata grazie ad un mix di proiettori – continua ad illustrarci il progetto Walter Farioli. Tutta la serie nuova di videoproiettori NEC è stata usata per fare le proiezioni perimetrali. Tra le altre, la loro caratteristica di posizionamento in verticale, a 90°, ha permesso di realizzare in modo rapido le interviste. Una peculiarità che ci ha permesso di sfruttare la risoluzione nativa della macchina escludendo così la presenza di bande nere che ci avrebbe costretto a fruire in modo parziale la superficie di proiezione. La parte di riproduzione è stata affidata a Mini Mac e Mac Pro, tranne alcune attività destinate all’uso di Pc con Windows. Naturalmente, l’intero sistema è stato concepito con una gestione da remoto, escludendo di fatto l’incombenza di dover raggiungere la sede del museo a Trento per qualsiasi intervento».


Regolazione audio ad hoc

Anche per la parte audio, al pari di quella video, è stata prestata particolare attenzione all’interno della mostra. Ci spiega il motivo lo stesso Walter Farioli: «Capita frequentemente di assistere ad un’installazione museale che vanta una cura dettagliata del video, ma allo stesso tempo presenta delle lacune dal punto di vista della qualità del suono. Al contrario, la cura dell’audio è un aspetto che non va assolutamente sottovalutato, il più delle volte caratterizza in modo preponderante gli spazi espositivi. Soprattutto come nel nostro caso, le cui installazioni erano corredate dalla presenza di interviste riservate agli approfondimenti descritti a voce, dove era importante evincere al meglio il contenuto espresso. Per questa ragione, non è stata fatta una semplice regolazione del volume, ma ci siamo avvalsi della supervisione di un ingegnere del suono, il cui intervento ha reso possibile la migliore taratura dei livelli di alti, bassi e medi. Abbiamo dato vita ad una regolazione adeguata per evitare sovrapposizioni audio tra le varie installazioni, riducendo al minimo i rumori di fondo che normalmente emergono in occasione di parlati».

Uno dei videoproiettori installati in verticale. Questo posizionamento ha permesso di fruire dei video, escludendo la presenza di bande nere.

Immagine che illustra la piantina della sala

I sensori di spostamento

Una delle installazioni particolarmente suggestive della mostra, è stata senza dubbio rappresentata dall’area Spazio Tempo. La proiezione distribuita lungo una parete è stata ideata per rappresentare lo spazio e il tempo tramite due reti colorate in movimento. In un gioco di movimento delle maglie, grazie a precisi algoritmi, lo spettatore veniva coinvolto interattivamente rispettando le leggi dei corpi celesti e della forza gravitazionale. Ci spiega meglio Marco Barsottini: «Per tutte le interazioni sono stati usati dei sensori per rilevare gli spostamenti del visitatore: destra, sinistra, avvicinamento e allontanamento, con calcolo di velocità di spostamento. Nello specifico, sono stati scelti i sensori Kinect di Microsoft, posizionati nelle pareti ad un metro di altezza, all’interno di fessure impercettibili. Nel caso dell’angolo dedicato alle teorie ei spazio e tempo, abbiamo studiato un modo grafico e giocoso per coinvolgere al meglio i visitatori. Allo stesso modo, anche l’area del Bosone è stata creata per lanciare gli spettatori in un crescendo di sensazioni possibili grazie al coinvolgimento del corpo. Per dimostrare, infatti, che anche il corpo umano è fatto di particelle, in prossimità del Bosone tramite proiezioni ogni visitatore veniva colorato di tinte diverse per poi presentare delle fuoriuscite di particelle dal proprio corpo, a dimostrazione che l’unità più piccola e indivisibile della materia, l’atomo, è creatrice dell’energia e attiva tutto il meccanismo della vita».


Gli schemi riportano 4 diversi spazi espositivi della mostra, per i quali sono stati utilizzati i videoproiettori NEC della serie PA.

Balaustra e parete video da 12 metri

Anche la balaustra installata all’interno della mostra prevedeva delle interazioni con i visitatori. È stata realizzata prevedendo la presenza di un sensore impostato per un’inquadratura ad ampio raggio che inquadrasse ogni cosa in movimento, da trasformare e proiettare in onde grafiche di diverso colore. In questo modo, è stato ricreato un panorama in continuo movimento. Come terminale video, è stata utilizzata una parete della larghezza di 12 m, visibile anche dall’esterno, per la quale sono stati sincronizzati due videoproiettori da 6mila Lumen ciascuno.


Immagine che illustra lo schema della postazione dei dispositivi.

L’effetto della smaterializzazione

Per una mostra che si occupa di materia, di particelle, di spazio e tempo, non poteva mancare un’area dedicata alle dimensioni, come ci spiega Marco Barsottini: «Quello dell’extradimensione è uno spazio concepito per dimostrare la possibilità teorica, e anche sperimentale, di avere n dimensioni. Riuscire a rappresentarlo è stata una sfida, perché il teorema è abbastanza complesso. Ad ogni modo, siamo riusciti a realizzare un’installazione che, tramite le riprese di una telecamera, riportasse il live di quanto accadeva nello spazio circostante. L’effetto stupefacente era concentrato nel possibilità di far scomparire dal video il visitatore avvicinatosi all’area, per farlo ricomparire successivamente in diversi video completamente stravolto, fatto di particelle o di grafica poligonale».


Le interviste e l’effetto tempesta

Come per tutti gli spazi concepiti all’interno della mostra, ogni argomento veniva approfondito dai totem di fianco installati o ai monitor piazzati nella sala. Anche in questo caso, le figure designate alla spiegazione iniziavano il proprio racconto solo all’avvicinarsi del visitatore. Infine, tutto il ventaglio interattivo, le evoluzioni descritte, i video e gli effetti speciali, ogni trenta minuti veniva investito da una sorta di onda anomala: «Abbiamo concepito, con cadenza costante, una sorta di tempesta ideata per stravolgere per alcuni secondi tutte le installazioni – continua la sua descrizione Marco Barsottini. Come una forma di ciclone, lo spazio, tutte le proiezioni e i monitor, venivano investiti da un attraversamento di raggi cosmici e di altre figure grafiche. Quindi, a prescindere da quanto stesse accadendo, come in un improvviso temporale l’allestimento veniva investito e completamente trasformato per alcuni secondi».


Big Bang: milioni di anni racchiusi in un secondo

Chiudiamo la descrizione della mostra con lo spazio espositivo che ha riproposto la teoria del Big Bang. «Tramite proiezione e sensori, abbiamo riproposto l’esplosione di un agglomerato di stelle, formato da un ipercubo creato da un concentrato da piccoli cubi. L’esplosione allontanava i cubi dal centro creando una proiezione immersiva a 360°. Un po’ come riassumere 20 milioni di anni in un secondo e potercisi muovere dentro dettando delle direttive di viaggio nel tempo».