Un caso esemplare che evidenzia le ragioni di uno scostamento rilevante in temperatura fra il valore programmato e quello rilevato. Si riferisce ad una sede aziendale ma può essere declinato anche in ambito residenziale.

Le moderne costruzioni, realizzate secondo i parametri dell’efficienza energetica (Klimahouse) e della sostenibilità edilizia, sono oggi all’attenzione dell’architettura e delle normative che regolano le licenze. Gli Enti amministrativi locali, sempre più sensibili e disponibili all’analisi dell’efficienza degli impianti di riscaldamento presenti nelle costruzioni datate, si attivano lentamente a stringere il cordone per accelerare un veloce rinnovamento del parco installato.
I nuovi progetti per il riscaldamento e il condizionamento/raffrescamento degli uffici di un’azienda, pubblica e privata, sono sempre più articolati e arrivano a comprendere soluzioni basate su fonti energetiche miste, ritenute così all’avanguardia.

In questo articolo focalizzeremo le tematiche che ricorrono nella gestione di un moderno impianto secondo la visione dell’utente, il fruitore del servizio, che percepisce la vivibilità del proprio ambiente di lavoro. Un ambiente dove trascorre giornate intere, in funzione di un clima stabile e confortevole, nonostante le differenti situazioni climatiche che si manifestano sia durante l’anno, oltre che all’interno della stessa stagione. In genere, la bontà dello ‘stare bene’ e quindi del benessere percepito nel proprio microambiente si valuta nelle mezze stagioni, dove le escursioni termiche esterne si possono manifestare in modo ancora rilevante.

In Figura 1 e Figura 2 sono stati riportati due grafici che fotografano le temperature rilevate in due aree, nord e sud dall’altro, di un edificio a pianta quadrata dotato di giardino interno.
La Figura 1 evidenzia che il 25 febbraio negli uffici lato nord, le temperature nei diversi locali (rilevate dagli stessi termoregolatori presenti) oscillavano tra i 18 e i 26 gradi. Invece, nella stessa area le temperature desiderate e impostate dagli utenti con termostati presenti in ogni ambiente (set point), erano di 21° – 22° o 24°.
Gli uffici lato sud, invece, nella stessa giornata rilevavano temperature sul lato sud oscillanti tra i 19° e i 21,5°, con temperature impostate agli utenti nei singoli ambienti (set point) dai 20° ai 21°.

Trattandosi di locali uffici di recentissima costruzione, con massima efficienza energetica Klimahouse A e serviti da un uniforme impianto di condizionamento/riscaldamento e raffrescamento, ci si è chiesti perché le temperature rilevate sono cosi difformi. Le persone che lavorano nei vari locali di questi uffici avvertono comunque un evidente disagio, con differenze inspiegabili tra locali vicini e quasi identici.


La brusca impennata

Quando si parla di edifici ad elevato isolamento termico, quasi il massimo certificabile oggi, si descrivono immobili molto protetti sia per lo smaltimento del calore dall’interno verso l’esterno, anche a riscaldamento spento, sia per l’influenza esterna, per quanto attiene alle temperature rilevabili di giorno e di notte nei periodi invernali. Tanto più le differenze termiche tra interno ed esterno si riducono, tanto più ‘neutro’ o basso è lo scambio termico possibile.
Osservando i grafici di Figura 1 e 2 appare evidente che nelle ore notturne il grafico delle temperature si mantiene più o meno piatto, quindi sembra che durante le ventiquattrore non vi sono interruzioni del riscaldamento, nemmeno la notte. Osservando però il brusco impennarsi delle temperature dopo le 18:00 sembra che, in effetti, vi sia una cosiddetta ‘accensione’ programmata del riscaldamento, che si riflette sia negli uffici lato nord che in quelli lato sud, qui in maniera ancora più evidente. Sembra quindi che l’impennata del grafico evidenzi un riscaldamento per circa un’ora, che poi di nuovo si interrompe. Una situazione perlomeno contraddittoria.
Questo scenario va quindi interpretato e compreso: rappresenta un esercizio interessante anche per spiegare e descrivere le caratteristiche degli impianti termici moderni e il loro funzionamento. Cerchiamo quindi di inquadrare la tipologia dell’impianto.

Figura 1. Grafico che fotografa le temperature rilevate nell’area a nord
Figura 2. Grafico che fotografa le temperature rilevate nell’area a sud

Le problematiche

Figura 3. Esempio di comando on-off, con una tolleranza di 1° di reazione
Figura 4. Esempio di comando on-off, con una tolleranza di 0,25° di reazione

Come abbiamo visto i grafici delle temperature evidenziavano comportamenti disomogenei nei vari ambienti, anche riferiti a diverse tipologie di termoregolazione adottabili nei progetti. Una prima variabile riguarda la scelta dei termoregolatori, ad esempio: meccanici oppure elettronici, ma anche fra i diversi modelli elettronici disponibili; ciò determina differenti comportamenti secondo la precisione dei termoregolatori stessi.
Un’altra variabile viene introdotta dell’algoritmo che determina i tempi di reazione delle aperture/chiusure delle valvole termiche e della regolazione delle velocità dei ventilconvettori.

In Figura 3 viene riportato l’esempio di una tipica situazione di comando on-off, con una tolleranza di 1° di reazione. Con l’accensione del sistema nel tempo (a), il riscaldamento procede fino alla temperatura impostata (b). A questa temperatura il sistema rimane fermo per il tempo consentito dall’inerzia del termostato (isteresi del termostato): in questo periodo la temperatura sale di un piccola frazione di grado, quindi il contatto si apre; il riscaldamento viene spento; la temperatura scende fino a 19°C per poi riprendere il ciclo di risalita.

In Figura 4 l’esempio è riferito ad una soluzione di maggior precisione. La sensibilità di un termostato dipende dal differenziale d’intervento. Le apparecchiature elettroniche consentono differenziali fino a 0,2-0,25°C. Nella scelta dei termostati si deve tener conto del differenziale d’intervento. Maggiore è l’inerzia termica dell’ambiente più piccolo dovrà essere il differenziale d’intervento (caso tipico: ambienti secondo la Legge 10/91; impianti di riscaldamento a pannelli radianti ecc.).
La fascia di operatività del termostato, coincide con il differenziale d’intervento maggiorato di una frazione di grado corrispondente all’isteresi dello strumento e alla velocità della propagazione (o immissione) del calore.
Per contenere l’immissione del calore, con una corretta gradualità, in alcune applicazioni lo strumento interviene su una valvola motorizzata, predisponendo alla medesima una posizione di apertura, che equivale ad una percentuale dell’apertura totale. Detta apertura varierà in relazione a fattori climatici esterni/interni al fine di garantire il continuo confort ambientale.
La scelta della soluzione per la corretta termoregolazione, non tocca quindi solamente la termoregolazione, ma anche il tipo di valvole motorizzate nei ventilconvettori e la loro reattività.


L’ambiente confortevole

Figura 5. App di iPhone o iPad, combinati con sonde di temperatura esterne, permettono di realizzare tracciati di temperature ambiente molto articolati

La vivibilità di un ambiente di lavoro dipende essenzialmente dalla riduzione degli sbalzi di temperatura indotti dai ‘denti di sega’ dei grafici sopra riportati, quindi dall’isteresi e dai tempi di reazione.
In effetti, sovente gli ambienti condizionati e riscaldati da ventilconvettori risentono di questa grande sofferenza e la scelta di una soluzione da implementare non è da banalizzare, ma da valutare con attenzione.
Spesso, la taratura iniziale dei termoregolatori elettronici richiede particolare attenzione e va effettuata mediante sistemi di precisione, anche poco costosi. Esistono App per iPhone o iPad (Figura 5) che lavorano in coppia con una sonda di temperatura, da acquistare a parte. Questi sistemi permettono di realizzare tracciati di temperature ambiente continui per ore o giornate, di impostare un range con temperature di soglia superiore o inferiore, con allarme sonoro di superamento soglia. Stesso discorso vale, a maggior ragione, per soluzioni basate su split indipendenti e con proprio telecomando.
Dall’analisi dei primi grafici e della funzionalità dell’impianto si può cercare di depurare le letture delle temperature rilevate nei singoli ambienti dagli errori indotti dalla diverse precisioni e tarature dei termoregolatori elettronici. Partendo dall’analisi di un sabato, una giornata non influenzata dalla presenza delle persone o da apparecchiature accese (computer e stampanti apportano calore all’ambiente e non lo smaltiscono grazie alle elevate caratteristiche costruttive in termini energetici dell’immobile) è possibile calcolare la media della temperatura in tutti gli uffici omogenei, creando quindi gruppi uniformi (cucina, uffici, sale multimediali, ecc.) sia lato nord che lato sud, come si osserva dalle temperature rilevate nei due distinti grafici. La temperatura media di ogni rilevamento, effettuato ogni 10 minuti nell’arco della giornata per gruppi omogenei, è stata assunta come parametro per l’analisi degli scostamenti rilevati dal termoregolatore in ogni ambiente.
Riproiettando tale scostamento sull’analisi delle temperature in un qualsiasi giorno lavorativo come correzione delle temperature evidenziate nei primi due grafici iniziali, si ottiene presumibilmente un riferimento reale per ogni gruppo omogeneo di ambiente.


Sovrapposizione pressoché totale

Figura 6. Come si vede in questo grafico, le due curve più basse sono relative alle due sale multimediali, laddove agisce un motore dedicato di areazione primaria, dimensionato per un elevato numero di persone e, probabilmente, con una temperatura di ingresso più bassa

Come si vede in Figura 6, le due curve più basse sono le due sale multimediali, laddove agisce un motore dedicato di areazione primaria, dimensionato per un elevato numero di persone e, probabilmente, con una temperatura di ingresso più bassa.
La sovrapposizione delle situazioni è pressoché totale: ciò porta anche ad affermare che spesso leggere su un termostato d’ambiente il valore di una temperatura indicata non corretta, in presenza di un termoregolatore non tarato, porta anche ad una suggestione personale, rispetto al freddo o al caldo, con una sensazione di disomogeneità tra uffici che non sussiste uniformemente nella realtà di una rilevazione corretta.
Va sottolineato che alcuni locali sono più piccoli, probabilmente con lo stesso tipo di ventilconvettore (ad esempio, la sala relax o il laboratorio).
Si è anche reso evidente in questa realtà che esiste un equilibrio tra la variazione di temperatura dell’area primaria di raffrescamento, che deve essere immessa nei locali a temperatura inferiore di circa 1,5° rispetto alla temperatura media desiderata. Ciò permette di controbilanciare la tendenza all’aumento della stessa, per il carico delle persone e delle apparecchiature attive (PC, stampanti, ecc. ) utilizzate durante il normale lavoro.
È importante, quindi, anche analizzare e impostare i tempi di accensione del riscaldamento e si è compreso bene che anche se ogni ambiente è regolato da un proprio termoregolatore, che di fatto è liberamente impostabile per temperature desiderate, in ambienti ‘altamente efficienti’ dal punto di vista energetico, probabilmente il problema non sta nel riscaldare, ma nello smaltire il calore interno proprio laddove non esiste un impianto in grado contemporaneamente anche di raffreddare (impianto a 4 tubi).


In conclusione

Quanto descritto in questo articolo è frutto di una consulenza post-installazione, laddove il cliente era già sul piede di guerra nei confronti dei diversi installatori e del progettista degli impianti realizzati.
Chiarire i termini del problema, formare l’utente al significato di una corretta impostazione di tempi programmati per il riscaldamento e set point omogenei ha fatto comprendere bene che l’autonomia di impostazione nei singoli ambienti può essere fuorviante, ingenerare aspettative disattese e quindi insoddisfazioni. Un corretto studio dell’ambiente, con una serie precisa di misurazione e con la taratura corretta delle evidenziazioni delle temperature sui display dei termoregolatori non ha mutato di molto il reale comportamento dell’impianto di per sé, ma ne ha migliorato l’utilizzo mediante un metodo. Da qui, anche la rilevazione dei consumi ha permesso di confermare la bontà e l’efficienza termica globale di impianti/stabile.


La termoregolazione

È uno dei temi più delicati nelle realtà di uffici: anche se ogni locale è dotato di un proprio termostato o termoregolatore, la totale autonomia di gestione porta in genere all’instabilità della climatizzazione generale.
La termoregolazione individuale deve permettere un intervento in correzione di ±1 o 2 gradi rispetto al set point, ossia la temperatura desiderata. Inoltre, i set point dovrebbero essere distinti tra normale orario di lavoro, orario di pausa e interruzione notturna.
Nelle aziende, i termostati o termoregolatori dei singoli uffici possono essere di tipo elettronico, ma generalmente sono molto semplici e con scarsa programmabilità.
I termoregolatori e le soluzioni su rete bus sono più interessanti, versatili e programmabili oltre a permettere un migliore coordinamento tra tutti i componenti di un sistema di riscaldamento e condizionamento, ottimizzando così sia l’effetto e il servizio prodotto, che i costi.

Le componenti aggiuntive

In generale, un sistema integrato ed efficiente deve prevedere una serie di componenti aggiuntive; ad esempio:
– sensori di contatto alle finestre, per interrompere il riscaldamento/condizionamento quando si aprono le finestre;
– rilevatori di precisione delle temperature in ambienti critici;
– sensori di CO2 in ambienti a grande occupazione di persone (sale riunioni o conferenze);
– motori di areazione con inverter e recupero di calore, specialmente durante l’utilizzo invernale.

Questi sono esempi di alcune importanti necessità, spesso risolte affrontando costi non importanti, implementate in soluzioni che si basino su termoregolazioni domotizzate su bus.
In questi casi i termoregolatori sono più evoluti e dotati di display, sono programmabili in funzioni semplici come il cambio della velocità, il ritocco della temperatura, il passaggio a stand by diversi, per ferie o assenza, che non siano rilevabili da programmazioni di un ciclo giornaliero o settimanale.
La presenza di un bus EIB standard in soluzioni KNX trasforma ogni termoregolatore d’ambiente e ogni sensore in uno strumento di rilevazione dei dati delle temperature, umidità, valori di CO2 negli ambienti, in funzione delle rispettive prerogative. La domotica con la gestione di tende, frangisole, sensori di presenza e di accesso, costituisce un importante aiuto.
Infine, se è presente una centralina meteorologica sul tetto capace di rilevare con il GPS integrato l’esposizione dei singoli uffici rispetto alla posizione del sole, la presenza di sole o nuvole, il calare quindi dell’effetto irraggiante del sole sulle finestre rispetto al gradiente termico all’interno dei locali uffici, si possono definire scenari semi automatici di termoregolazione molto efficienti, anche per il risparmio energetico.


I ventilconvettori

Anche se il più delle volte gli architetti scelgono soluzioni esteticamente in linea alla loro visione, oggi le soluzioni integrate sono sempre più praticate, anche per la necessità di un risparmio energetico.
I costi, che rappresentano un capitolo determinante, dovrebbero essere valutati in un’ottica allargata: la profonda e personale convinzione che il risparmio energetico o l’impatto sull’uomo, sulla sua salute, sull’ergonomia del posto del lavoro, abbiano un peso sul bilancio globale, anche sociale di una soluzione.
Spesso si preferisce semplificare, adottando soluzioni basate su ventilconvettori posti nei soffitti di uffici, negozi, magazzini, officine, ecc.
L’utilizzo di impianti di climatizzazione con ventilconvettori negli ultimi anni è cresciuto in applicazioni una volta destinate ai tradizionali sistemi e terminali di impianto. L’esigenza di confort ambientale lungo tutto l’arco dell’anno, sempre più sentita nelle abitazioni civili e nei nuovi alberghi hanno portato ad un impiego crescente del terminale ad aria.
L’integrazione tra edificio e impianto porta a evitare soluzioni che necessitano di un doppio impianto come ad esempio, radiatori e splitsystem, per garantire il comfort in ogni stagione. Questa tipologia di impianto è, oltretutto, antiestetica.

A 2 o 4 tubi

Gli attuali ventilconvettori presentano caratteristiche eccellenti in termini di silenziosità e resa, oltre al design.
La suddivisione degli impianti di climatizzazione dell’aria viene effettuata sulla base del fluido (acqua o altri liquidi) convogliato fino al terminale, fermo restando che quest’ultimo gestisce comunque aria alla quale è affidato il compito di climatizzare l’ambiente.
L’impianto a soli ventilconvettori, senza apporto meccanico di aria esterna, generalmente viene utilizzato nel condizionamento degli ambienti abitativi dove, analogamente agli impianti a radiatori, per il rinnovo dell’aria ci si affida alle infiltrazioni.
Sono soluzioni abbastanza agevoli da installare, laddove si possa prevedere l’allocazione di motori di produzione del caldo e del freddo per più ventilconvettori. Motori posizionati spesso sui tetti degli immobili, per una migliore loro ventilazione e per smaltire più facilmente il calore accumulato dai compressori.
Generalmente, sono soluzioni estate/inverno, ma alternative (impianti a 2 tubi), o soluzioni più articolate di condizionamento (impianti a 4 tubi) che possano quindi scaldare, deumidificare, raffreddare, contemporaneamente e diversamente nei diversi locali, nelle diverse disposizioni o utilizzi, per mantenere temperature e umidità costanti.
A questi impianti si aggiunge quasi sempre un circuito di raffrescamento o aria primaria, per permettere un ricambio dell’aria costante a bassa rotazione e quindi a basso flusso, quasi impercettibile.
Generalmente, anche per ragioni di risparmio, si realizzano soluzioni a due tubi, che vengono percorsi in periodo invernale da acqua calda e in periodo estivo da acqua fredda.
Il problema tipico di questi impianti riguarda le mezze stagioni, primavera o autunno, dove spesso occorrerebbe talvolta riscaldare o raffreddare, specialmente se l’immobile presenta locali esposti al sole o al freddo a nord, con ampie vetrate o meno, e qui incide molto la presenza di serramenti e di relative vetrate ad alto K termico di isolamento. È importante, quindi, il bilanciamento termico di quanto calore viene immesso attraverso le finestre nei locali e quanto calore o freddo, viene disperso dall’interno verso l’esterno.
La scelta delle soluzioni progettuali può essere quella di impianti distinti, cioè un impianto di areazione ed un impianto di riscaldamento/condizionamento mediante ventilconvettori.
Negli ambienti uffici spesso si notano, negli angoli delle stanze, sui soffitti o nei controsoffitti, griglie rettangolari o bocchette rotonde, in genere per la fuoriuscita dell’aria nell‘ambiente, perché non si può pompare più aria in un locale chiuso di quanta poi non ne possa uscire, creando così la corretta circolazione della stessa.
Ovviamente l’aria primaria può essere immessa negli ambienti anche attraverso i ventilconvettori, che in genere sono dotati sui 4 loro lati di alette orientabili a mano o motorizzate. La posizione delle alette è determinante, nelle varie stagioni e rispetto al loro posizionamento.

Il funzionamento

Generalmente nei ventilconvettori due lati diametralmente opposti emettono aria calda o fredda a seconda della commutazione estate/inverno (impianto a due tubi ) o miscelata caldo/freddo (impianti a 4 tubi e valvola di miscelazione a tre vie) e l’aria qui emessa passa attraverso gli scambiatori di calore posti nel ventilconvettore, tipicamente dei piccoli radiatori a lamine, percorsi dal liquido caldo o freddo.
Gli altri due lati, sempre diametralmente opposti, permettono eventualmente l’uscita dell’aria primaria, convogliata attraverso delle tubazioni che arrivano dal motore di ventilazione dell’aria primaria, al centro del ventilconvettore stesso.
Questa soluzione, che consente un utilizzo integrato di riscaldamento/condizionamento e raffrescamento con l’aria primaria, può essere quella ottimale, anche perché l’utilizzo delle diverse velocità dei ventilconvettori, può aumentare e diminuire lo scambio e la ventilazione, a seconda della necessità.
L’effetto di ‘spinta’ indotto da una velocità più elevata del ventilconvettore, non dovrebbe mai essere percepito come causa di un ‘vento’ sulla nostra testa, perché il dimensionamento dei ventilconvettori deve essere tale da avere una turbina interna che comunque muove l’aria necessaria, ma a bassa velocità, grazie comunque ad un giusto diametro della stessa.
Più lenta è quindi la rotazione e più grande in termini di diametro è il rotore, meno fastidiosa è la presenza dei ventilconvettori sulla nostra testa e più silenzioso il movimento stesso, che oggi deve essere normalmente quasi impercettibile. Spesso i motori di spinta centrale dell’aria primaria, in prossimità delle griglie esterne di scambio, sono dotati di motore inverter, quindi modulabile, di scambiatore di calore/recupero calore, tale da pretrattare l’aria immessa nel circuito.

Si ringrazia per il contributo il dottor Alberto Berger di Berger technology srl
Tel. 0471 544 444

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