Nata nel 1964 come azienda di riparazione e impiantistica televisiva, Ritar è stata pioniere nei mercati della TV via satellite, Videosorveglianza e Fibra ottica, diventando un riferimento affidabile del settore.

Al centro Franco Paolillo, a sinistra Mauro Maurizi e, a destra, il figlio Alessio

Tutto inizia nel 1964, a Firenze. La ditta Ritar, il cui acronimo significa Riparazioni Impianti Televisori e Apparecchi Radio, viene fondata dai due soci Franco Paolillo e Paolo Landi. «Ho avviato la prima attività nel ’63 quando non avevo ancora 21 anni – ci spiega Franco Paolillo, Presidente. Con l’amico Paolo Landi creammo la LPL, Laboratorio Paolillo Landi. Prendemmo un fondo in affitto e si iniziò a lavorare. L’anno successivo avrei compiuto 21 anni, l’età che mi permetteva di fondare la ditta Ritar. Ricordo che io andavo a visitare i negozi che vendevano i televisori, ritiravo gli apparecchi guasti da riparare che portavo in laboratorio e Paolo Landi li sistemava. Riuscimmo in breve tempo a conquistare la fiducia dei rivenditori per la serietà che dimostrammo nel lavoro al punto che loro consigliavano ai clienti di rivolgersi a noi per l’impianto TV, e così iniziammo ad installare anche le antenne». 
All’epoca c’era soltanto il primo canale Rai. Poi, verso la fine del 1961 si aggiunge anche il secondo canale: bisognava adeguare l’impianto e il televisore. Quindi, dalle nove di sera quando iniziava la programmazione (prima non si poteva perché non c’era segnale), i tecnici andavano nelle case per effettuare la taratura dell’impianto.


Anticipare i tempi

«Fin dagli inizi ho sempre pensato cosa avrei potuto fare qualche anno dopo, per anticipare i tempi e trovarmi pronto al cambiamento – prosegue Franco Paolillo – così iniziammo a promuovere gli impianti centralizzati presso amministratori e rivenditori. Un giorno si presentò nel nostro laboratorio un signore tedesco che lavorava in Bosch e si congratulò per tutto il lavoro che avevamo svolto proponendoci di rappresentare il marchio tedesco. Bosch produceva antenne e centralini, tutti prodotti di qualità professionale: noi accettammo. Ricordo che fu necessario acquistare un sofisticato strumento di misura di Siemens: per pagarlo chiedemmo un prestito Grazie a Bosch e a quello strumento si fece un impianto centralizzato a Firenze di grandi dimensioni: il centro residenziale era formato da 12 blocchi, tutto con una sola antenna; per quei tempi era un impianto davvero straordinario». 
Ritar, anche all’epoca, lavorava a stretto contatto con gli installatori; si presentavano in negozio con uno schizzo su un pezzo di cartone che dava un’idea di come era fatto l’appartamento per acquistare il materiale necessario a realizzare l’impianto; in caso di difficoltà, i tecnici di Ritar supportavano il loro lavoro con l’orientamento delle antenne e la taratura dei centralini. Negli anni ‘70 Ritar divenne un punto di riferimento a Firenze per gli amministratori; e venne aggiunta anche la distribuzione dei prodotti a marchio Offel, che in Toscana non era ancora presente: il volume si sviluppò in modo straordinario.


Al centro Franco Paolillo, a sinistra Mauro Maurizi e, a destra, il figlio Alessio

L’epoca della TV-Sat

Quando il lavoro cresce lo spazio diventa sempre più stretto: Ritar così cambia sede e trasloca in via Buonvicini. Un’area occupata precedentemente da Melchioni, che nel frattempo si era trasferito. Così l’attività di ingrosso cresce e raggiunge una quota importante nel business complessivo. Già agli inizi degli anni ‘80 Ritar aveva incominciato a studiare la televisione via satellite, che sarebbe entrata nella fase pionieristica qualche anno dopo. «Ordinammo la prima parabola all’americana DH, era microforata, arrivò a spicchi, era tutta da montare. Abbiamo sempre prestato molta attenzione alle nuove tecnologie e ai nuovi mercati – commenta Franco Paolillo – uno dei nostri slogan è stato addirittura ‘Ritar, elettronica d’avanguardia’. Con la TV Sat abbiamo consolidato e rafforzato la presenza di Ritar sul territorio: il mercato proponeva novità a raffica, la nostra curiosità e il nostro entusiasmo ci permettevano di stare al passo: abbiamo svolto un ruolo importante distribuendo marchi leader di mercato, tecnologicamente molto evoluti». 
Proprio agli inizi della TV Sat, verso la metà degli anni ‘80, il socio Paolo Landi decide di lasciare: Franco Paolillo rileva le sue quote e rilancia lo sviluppo dell’azienda. «È stato un aspetto molto importante della mia vita di lavoro – ci confida Franco Paolillo – la gente mormorava che avremmo chiuso a breve ma, invece, negli anni a seguire riuscimmo addirittura a raddoppiare il fatturato. Con Mauro Maurizi, che era appena entrato in azienda, incrementammo i viaggi di lavoro all’estero, spingendoci fino ad Hong Kong per capire quali mercati e prodotti potevamo sviluppare in Italia. Di fiere ne abbiamo visitate tantissime, ci hanno offerto un’infinità di spunti per sviluppare il lavoro. Ad esempio, trovammo i primi registratori U-Matic Time Lapse che importavamo e vendevamo ad un operatore di Milano che poi li distribuiva in tutta Italia; nessuno però sapeva che era Ritar ad importarli. Quindi iniziammo a inserire a catalogo anche i prodotti finiti». Lo sviluppo importante della televisione via satellite avviene in una decina d’anni e, come tutti i mercati, giunge poi al punto di maturazione. «Un giorno con Mauro ci guardammo negli occhi per discutere quale sarebbe stato il business successivo. Si decise di studiare la sicurezza e la videosorveglianza: il metodo era sempre lo stesso, capire quali erano i produttori leader, valutare la loro produzione, richiedere una campionatura e testarla sul campo in prima persona per comprendere l’affidabilità di prodotti e fornitori. Anche sulla fibra ottica abbiamo fatto la stessa cosa, sono sei anni che ci lavoriamo».


Investire sul personale

La serietà paga: Ritar ha sempre investito sulla professionalità e l’aggiornamento tecnologico del proprio personale oltre che sui mercati a venire: cosa verrà domani e dopodomani, oggi è già passato. «Abbiamo visitato quasi tutte le fiere di elettronica del mondo: un lavoro che ci ha consentito di essere conosciuti anche a livello internazionale al punto che oggi le aziende estere ci vengono a proporre la distribuzione in Italia dei loro prodotti – commenta Franco Paolillo. In Italia il momento è difficile: si fatica a vendere e, ancora di più, a incassare. Da qualche anno ci siamo spostati un po’ sull’estero cercando di crescere, e la cosa funziona, gli incrementi sono importanti. Sul futuro vedo una Ritar più forte e più importante che si fortifica con una joint venture per affrontare la sfida del mercato globale. Un partner europeo con il quale affrontare senza paura le sfide internazionali. Della mia attività lavorativa conservo ricordi meravigliosi: ad esempio, quando si riparava i televisori si andava anche nei paesini, le case avevano le serrature ma le chiavi erano nella toppa esterna, i ladri non c’erano. Si entrava, erano tutti molto gentili, ti offrivano il vinsanto, con il sorriso; c’era serenità, cosa che oggi manca. Alla nonnina senza un soldo non chiedavamo di essere pagati, era un onore per noi aiutarla. I buffoni, c’erano anche loro, ma c’era anche tanto rispetto e umanità».


Il lavoro sul territorio

La TV via satellite ha generato un mercato nuovo sotto tutti gli aspetti rispetto al quello terrestre: le parabole andavano puntate verso il cielo, bisognava conoscere le posizioni orbitali e, soprattutto all’inizio, erano parabole motorizzate con una messa a punto molto complessa. «Ho sempre avuto la passione per l’elettronica – ci racconta Mauro Maurizi, direttore commerciale – e da studente più volte la settimana andavo nel negozio Ritar ad acquistare i componenti elettronici, facevo i circuiti stampati in casa, li foravo e poi saldavo il tutto. Un giorno vidi che Ritar cercava un magazziniere, mi presentai e iniziai così a lavorare: ho fatto la gavetta per 3 anni in questo ruolo, dai 17 ai 20 anni. La TV-Sat richiedeva molto lavoro sul territorio perché la cultura era tutta da costruire, senza cultura il mercato non si sarebbe mai sviluppato. All’inizio i canali che si ricevevano erano meno di cinque, gli LNB avevano una figura di rumore di 3 dB. Così durante la settimana si lavorava in ufficio e si dedicava il week-end alle demo presso i clienti. Avevamo preparato dei treppiedi in grado di sostenere parabole da 180 cm, con tutto il necessario per ricevere i segnali sat: andavamo a fare dimostrazioni sul territorio, prima in Toscana e in seguito un po’ in tutta Italia, per spiegare come funzionava e che cosa si riceveva, anche con una parabola motorizzata. Il contatto con il territorio ti dà tanti suggerimenti: agli inizi dagli USA importavamo soltanto i dischi perché polar mount, cestelli, supporti e tutti gli accessori li producevamo il Italia e i consigli del territorio erano preziosi. Bisognava ridurre il numero di pezzi da gestire per far sì che gli impianti potessero essere montati più rapidamente, con meno componenti possibili. All’inizio la TV-Sat era una sorta di status symbol, gli impianti di ricezione erano molto costosi e c’era molta ignoranza in proposito. Ricordo che una volta andai ad installare a casa di un cliente una parabola motorizzata da 3 metri con il motore robot della JRC. Soltanto il motore pesava oltre 20 chili. Tutto funzionava a dovere ma durante il collaudo si bruciò l’alimentatore dell’impianto TV terrestre e il cliente mi fece smontare tutto dicendo che la colpa era della parabola. Ovviamente la parabola non c’entrava nulla ma era opinione comune che la parabola interferiva con l’antenna terrestre».


I brand storici della TV-Sat

Ritar inizia a importare le parabole microforate in alluminio della DH e subito aggiunge i ricevitori/posizionatori Uniden, un brand di qualità broadcast, qualche anno avanti gli altri. Come LNB sceglie Echostar e Satcom per i decoder di fascia entry level. «Abbiamo iniziato a visitare le fiere europee della TV-Sat nell’86 e, da quel momento non ne abbiamo più persa una: individuavamo i prodotti più interessanti, chiedevamo una campionatura, li installavamo; spesso arrivavano senza un manuale di installazione, a volte bisognava scoprire come funzionavano. E poi bisognava scrivere un manuale in italiano perché nella maggior parte dei casi c’erano soltanto le figure. Nel 1988 durante un lavoro di traduzione, il testo inglese di un manuale riportava il verbo ‘to zap’, che all’epoca nessuno sapeva cosa significasse. Sarebbe diventato di uso comune qualche anno dopo, anche nei modi di dire degli italiani con il termine fare zapping». All’inizio degli anni ’90 Ritar mette a punto un impianto dedicato agli impianti motorizzati degli hotel, utilizzando parabole Swedish Microwave multifocali da 150 o 180 cm capace di ricevere ben 35° di orbita satellitare. Swedish è sempre stato un produttore di qualità impeccabile, al top del mercato, di riferimento anche per gli operatori professionali. Ritar li utilizza tutt’ora per realizzare impianti broadcast, anche per eventi sportivi mondiali, oppure per installazioni in fibra ottica dove la prestazione del convertitore è determinante come la parabola da 8 metri che è stata montata in Africa. «Noi testiamo sempre qualsiasi prodotto da commercializzare – ci tiene a precisare Maurizi – sia d’importazione che costruito in Italia. Si sviluppa, si testa con installazioni in laboratorio o in zona, si controlla nel tempo, si effettuano tutte le modifiche e poi si vende. È una modalità che utilizziamo in tutti i mercati dove operiamo, compresi la sicurezza e la fibra ottica». 
«Il mercato TV-Sat è sempre stato di nicchia, quindi poco appetibile ai grossi brand come Sony e Panasonic
 – ci racconta Maurizi – era funzionale alla vendita dei televisori ma nessuno di loro si è mai impegnato direttamente nello sviluppo e nella vendita di prodotti dedicati. Questo ha favorito la crescita di aziende che non erano note al mercato: l’unico brand che ci ha creduto è stato Nokia, che ha investito molto nel settore e per dieci anni è stata leader di mercato, con lo stile che distingue la sua identità. Il mercato della TV-Sat registrava 4 anni di crescita e 1 di crisi, il ciclo era proprio questo. Quando siamo passati dall’analogico al digitale, sono entrati gli operatori della Pay-TV che hanno banalizzato il costo dell’hardware considerato una barriera all’ingresso, oltre che imporre il proprio decoder. E quindi il mercato si è ridotto moltissimo. L’installazione e la fornitura gratuita dell’hardware sviluppa la cultura del non-valore: è questa la critica che ho sempre mosso agli operatori Pay-TV: anche se l’impianto viene regalato e il decoder venduto ad un costo politica bisogna comunicare comunque il valore che possiede. Perché ci sono aziende che vivono su quel valore».


Videosorveglianza e Sicurezza

Nel 1999 il fatturato di Ritar era quasi tutto generato dalla divisione TV-Sat: per ridurre il rischio imprenditoriale è stata avviata un’analisi che ha portato ad individuare altri mercati, affini e sinergici, dal potenziale di breve periodo interessante. «Ritar ha sempre avuto una divisione engineering che progettava soluzioni e impianti per la sicurezza degli ambienti pubblici – racconta Maurizi – eravamo nella condizione di guardare a questo mercato con una conoscenza acquisita e consolidata. Dopo tre anni e mezzo di studio siamo entrati nel mondo della TVCC e della Sicurezza. È stato un impulso vitale allo sviluppo dell’azienda: con le risorse generate dalla TV-Sat abbiamo finanziato lo sviluppo, l’apprendimento, la creazione della cultura e della professionalità di altri mercati, dalla prospettiva interessante. Anche con la fibra ottica abbiamo seguito lo stesso approccio. Quando siamo entrati nel mercato della TVCC esistevano, al contrario della TV-Sat, brand rinomati e quindi abbiamo deciso di chiedere loro la rappresentanza per l’Italia. Quando tutti comperavano telecamere in Cina e Korea, noi abbiamo bussato alla porta di Samsung. La capacità di distribuzione era un asset già presente in azienda: abbiamo studiato per bene il mercato e i concorrenti, organizzato un supporto tecnico e di formazione adeguati. Quando siamo partiti con Samsung il rapporto era diretto con la Korea perché il prodotto non era disponibile in Europa. Con il nostro brand NextMate abbiamo completato l’offerta di accessori per supportare gli installatori. Dopo, abbiamo aggiunto Fuji, LG, Sanyo. Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie a professionisti esperti del mercato: il nostro product manager ha lavorato per sei anni in JVC e otto in Panasonic. Ognuno deve fare il suo lavoro, siamo verticali anche nella struttura delle risorse umane, ogni divisione di Ritar ha una propria organizzazione, perché la cultura e l’atteggiamento di ogni mercato sono diversi. La sicurezza ha offerto opportunità di new business, formazione e qualità dei prodotti anche ai nostri clienti storici, ma non tutti ci hanno ascoltato; quelli meno attenti oggi si propongono perché a distanza di tanti anni hanno capito l’importanza, ma il mercato corre».


La fibra ottica

La stessa storia si è ripetuta 5 anni dopo con la fibra ottica. «Abbiamo fatto le prime esperienze con i sistemi di Global Invacom, abbiamo passato giornate con le mani nei tombini per capire la materia– confessa Maurizi. Oggi sappiamo come funzionano, abbiamo imparato ad installarli, a conoscere le problematiche e a risolverle. Grazie all’apporto di know how di una persona esperta, che conosceva la tecnologia, ci siamo chiariti le idee e sviluppato un sistema che permette di trasmettere su un’unica fibra i segnali digitali e analogici contemporaneamente, compreso il canale di ritorno, utilizzando i codici SCR e DiSEqc che sono analogici e lo abbiamo brevettato in tutto il mondo. Oggi siamo un’azienda che nella fibra ottica a livello europeo è di riferimento. Costruiamo in Italia, la qualità è apprezzata e siamo molto competitivi rispetto al mercato cinese e taiwanese; è una dimostrazione che costruire in Italia si può». 
«Purtroppo chi ha aiutato a costruire la divisione della fibra ottica
 – conclude Mauro – non c’è più. La storia di Carlo Panchetti è storia recente e indelebile per me. Carlo aveva due anni più di me; ho iniziato a lavorare con suo padre che aveva un negozio di televisori a Borgo San Lorenzo. Carlo andava ancora all’università quando montammo una parabola alla scuola che frequentava, lui era ancora studente. In Tek Media sviluppò un know how sulla fibra ottica che poi avrebbe condiviso con noi quando venne a lavorare in Ritar. Conosceva bene la tecnologia e il mercato. Una persona squisita, un sorriso disponibile per tutti. La settimana scorsa mi è capitata una cosa che mi ha fatto ripensare a lui e a Enrico Gaggioli, un’altra persona che ci manca tanto. In questo mercato tutt’e due hanno lasciato una impronta importante e un gran vuoto. L’altro giorno a Roma una persona mi ha dato un biglietto da visita che mi ha stupito perché oltre alle generalità c’era scritto come mansione ‘Essere Umano’. All’inizio ci ridi su, ma dentro di te il pensiero lavora e dopo qualche giorno arrivi alla conclusione che forse questa persona ha capito di più altri l’importanza del rispetto. Purtroppo l’essere umano viene sempre più messo da parte, anche nel nostro settore. È un messaggio di chi crede nei valori».


Obiettivo: dimensione europea

«Ritar è in continua evoluzione – commenta Alessio Paolillo, direttore marketing – cresce pensando al futuro, sostenuta dall’esigenza stretta del suo stesso management di rendere le proprie idee materia tangibile nella realtà. Il team, in costante progressione, è quindi oggi capace di produrre tecnologia e software per qualsiasi piattaforma, dalle App per smartphone e tablet a vere e proprie piattaforme web, compatibili con i sistemi di sicurezza, limitate al controllo di gestione spaziando addirittura a vere e proprie forme di business intelligence, che esulano dal mero campo della sicurezza. Non è più il momento d’improvvisare, come molti attori del mercato invece tentato irrimediabilmente di fare; solo la creatività è lecita in forma spontanea, il resto deve essere costruito su di un know how saldo e affidabile». 
«Per questo Ritar, grazie alla sua squadra, a 50 anni di esperienza, all’umiltà e al duro lavoro, oggi è in grado di rispondere a qualsiasi esigenza del mercato, di essere affidabile e incredibilmente versatile. Divenire una realtà affidabile e importante per il mercato estero, è un percorso che Ritar ha intrapreso da qualche anno, frutto del lavoro di tutto il team commerciale che, con impegno, è riuscito a rendere il nostro modello di business competitivo, performante e pronto ad un mercato non stagnante come quello Italiano, ma evoluto e aperto alle proposte innovative. Vedo quindi Ritar.
 – conclude Alessio – grazie alla collaborazione con marchi importanti come ad esempio LG, e al lavoro svolto tramite i nostri marchi Nextmate, Loox, Freewave e Fairmate, come un attore di primo piano del panorama europeo, nella produzione e distribuzione di prodotti di elevata tecnologia».